SONO UN PROFESSIONISTA IN ODONTOIATRIA

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SONO UN OPERATORE DELL’INDUSTRIA MECCANICA

Restauri diretti in composito come soluzione terapeutica di casi complessi

Monari A.

CASE REPORT
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Monari A.

Laureato con lode in Odontoiatria presso l'Università di Bologna nel 1986;
Socio attivo dell’Accademia Italiana di Conservativa dal 1988, fa parte dell’attuale consiglio direttivo con l’incarico di Presidente;
Professore a contratto in Odontoiatria Conservativa all'Università di Parma dal 1999;
Esercita la libera professione a Verona, dedicandosi prevalentemente all'Odontoiatria Restaurativa.

NumeriUno, 13: 4-5, 2012
Paziente di 17 anni, in prima visita, ad alcune settimane dal trauma. L’elemento 2.1 ha subìto una frattura coronale che interessa smalto e dentina. A carico dell’1.1 la frattura coinvolge anche una parte di radice, la polpa è prevalentemente necrotica e lo stravaso ematico ha iniziato a decolorare il dente (Fig. 1-2-3a-3b). In casi come questo, in cui è presente un’invasione dell’ampiezza biologica a danno di un elemento anteriore, l’opzione classica di trattamento dopo una iniziale stabilizzazione prevede: l’estrusione ortodontica, la correzione chirurgica parodontale e il restauro protesico che potrebbe coinvolgere anche il 2.1. Data la giovane età della paziente si propende per un approccio più conservativo, rivalutabile e reversibile.
Il frammento del 1.1 rimasto attaccato alle fibre connettivali viene rimosso, vista l’impossibilità di tentare un incollaggio (Fig. 4-5). La parete gengivale vista dall’interno si presenta in buone condizioni. Si cerca, quindi, di ricostruire la porzione mancante con un restauro adesivo in resina composita, anche per favorire un corretto isolamento mediante diga di gomma in funzione del successivo trattamento endodontico e conservativo (Fig. 6).
Nei giorni successivi seguono diverse sedute di levigatura e controllo della zona sottogengivale con strumentazione manuale ed ultrasonica. Il margine gengivale vestibolare del 1.1, nelle settimane successive, inizia a recedere (Fig. 7). A seguire viene effettuato il trattamento endodontico dell’elemento 1.1 e, quindi, iniziato lo sbiancamento, inserendo in camera pulpare un impasto di perborato di sodio e acqua distillata. Inoltre viene protetta la dentina esposta sul 2.1. Si procede poi al rilievo di impronte in alginato per la realizzazione dei modelli di studio e della ceratura diagnostica delle porzioni mancanti dei due centrali (Fig. 8).
Successivamente, viene ricostruito il 2.1 in resina composita con l’aiuto della mascherina in silicone ricavata dalla ceratura. Per motivazioni estetiche, un restauro provvisorio viene realizzato a livello dell’elemento 1.1 utilizzando un CVI modificato con resina, iniettato direttamente nella medesima mascherina, nell’attesa del risultato dello sbiancamento (Fig. 9-10). Per ottenere lo sbiancamento desiderato si rende necessario attendere circa un paio di mesi (Fig. 11).
A quaranta giorni dal termine dello sbiancamento si ricostruisce anche il dente 1.1 in composito, con la stessa metodica impiegata per l’incisivo centrale controlaterale (Fig. 12-13). Dopo sette mesi è evidente la asimmetria delle parabole gengivali, provocata dalla recessione sul 1.1 (Fig. 14).
A quindici mesi dai restauri, in presenza di parametri parodontali corretti, si decide di accogliere la richiesta estetica di livellamento delle parabole gengivali, avanzata dalla paziente. Essendo presente una situazione di eruzione passiva alterata sull’elemento 2.1, si decide per una semplice gengivectomia, anche in considerazione del sondaggio vestibolare di 3 mm e della adeguata banda di tessuto aderente (Fig. 15). I controlli a due e a cinque anni evidenziano parametri clinici e radiografici compatibili con un quadro di salute (Fig. 16-17-18a-18b).
La situazione va ovviamente mantenuta monitorata nel tempo. La giustificazione biologica del successo almeno fino ad oggi ottenuto va probabilmente cercata nella giovane età della paziente, nel rispetto delle procedure operative e nel buon controllo di placca da parte della paziente (Fig. 19). La minima invasività del trattamento non preclude reinterventi futuri con maggior grado di aggressività (restauri protesici
tradizionali o adesivi indiretti).
Approfondimenti:
Implantologia a carico immediato

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