SONO UN PROFESSIONISTA IN ODONTOIATRIA

In ottemperanza con quanto previsto dalla normativa vigente, dichiaro sotto la mia responsabilità di essere un professionista del settore odontoiatrico e di essere pertanto autorizzato a prendere visione del contenuto presente in questo sito internet.

SONO UN OPERATORE DELL’INDUSTRIA MECCANICA

Mini impianti: un case report

Ballini D., Altini M.

CASE REPORT
(.pdf - 7 MB)

Ballini D.

Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria all’Università di Bologna nel 1999 con lode;
Restauri con Materiali Compositi - Dr. Lorenzo Vanini (2001);
Creando l’Eccellenza Endodontica -Dr. Fabio Gorni (2001);
I Ritrattamenti Ortogradi - Dr. Fabio Gorni (2002);
Corso Formativo biennale di Parodontologia - Dr. Pierpaolo Cortellini, Prof. Maurizio Tonetti (2003-04);
Corso Teorico Pratico di Chirurgia Implantare - Dr. Roberto Barone, Dr. Carlo Clauser (2004-05);
Progressi ed Innovazioni nelle Procedure di Rialzo di Seno Mascellare, Dr. Stephen Wallace (2005);
Corso Teorico Pratico di Implantoprotesi - Dr. Roberto Barone, Dr. Carlo Clauser, Dr. Nicola Oteri (2006);
Corso di Implantoprotesi - Dr. D. Capri, Dr. M. Zilli, Sig. R. Bonfiglioli (2006);
Master in Terapia Mucogengivale - Dr. Pierpaolo Cortellini, Prof. Maurizio Tonetti (2005-06);
Master in Tecniche Rigenerative in Parodontologia - Dr. Pierpaolo Cortellini, Prof. Maurizio Tonetti (2006-07);
Innovazioni in Chirurgia Implantare: dalla Rigenerazione al Posizionamento della Fixture - Dr. Diego Capri (2007);
Corso Clinico Operativo di Terapia Rigenerativa - Dr. Vittorio Ferri (2007);
Master in Terapia a Lembo in Parodontologia - Dr. Pierpaolo Cortellini, Prof. Maurizio Tonetti (2007-08);
Funzionalità Immediata dell’Impianto Osteointegrato: La Tecnica All On Four - Dr. Tiziano Tealdo (2008);
Innesti Ossei Intrasinusali - Dr. Ferdinando D’Avenia (2008);
Il trattamento mini invasivo del paziente edentulo - Dr. Tommaso Ravasini (2008);
La chirurgia avanzata assistita ; Dr. Alan Rosenfeld, Dr Tiziano Testori (2009);
Corso teorico pratico di chirurgia implantare guidata - Dr. Marco Rinaldi (2009).

Altini M.

Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria all’Università di Bologna nel 1999 con lode;
Restauri con Materiali Compositi - Dr. Lorenzo Vanini (2001);
Creando l’Eccellenza Endodontica - Dr. Fabio Gorni (2001);
Corso Formativo biennale di Parodontologia - Dr. Pierpaolo Cortellini, Prof. Maurizio Tonetti (2003-04);
Corso Annuale in Protesi Fissa - Dr. Samuele Valerio (2004);
Corso Avanzato di Estetica in Composito - Sig. Daniele Rondoni (2004);
Bio-Architettura dei Settori Anteriori con Materiali Estetici - Sig. Daniele Rondoni (2006);
Il Trattamento dei Traumi Dentali nei Settori Anteriori - Dr. Lorenzo Vanini (2006);
Master in Terapia Mucogengivale - Dr. Cortellini, Prof. Tonetti (2005-06);
Master in Tecniche Rigenerative in Parodontologia - Dr. Pierpaolo Cortellini, Prof. Maurizio Tonetti (2006-07);
Master in Terapia a Lembo in Parodontologia - Dr. Pierpaolo Cortellini, Prof. Maurizio Tonetti (2007-08);
Disordini Cranio-Cervico-Mandibolari-Posturali - Dr. Antonio Patti (2008).

NumeriUno, 5: 18-20, 2009
e a cura di: Odt. Stefano Giunta, Ass. Erika Mezzanotte.

ABSTRACT

Il caso illustra la procedure chirurgiche e protesiche per l’utilizzo di mini impianti con tecnica a lembo in zona mandibolare interforamina e per la realizzazione di una overdenture mandibolare a supporto mucoso - implantare.

INTRODUZIONE

Rispetto ad una protesi rimovibile a totale supporto mucoso, una overdenture implanto supportata presenta notevoli vantaggi in termini di funzione e comfort masticatorio, fonetico e psicologico per il paziente.

MATERIALI E METODI

Anche se i protocolli per l’utilizzo dei mini impianti in zona interforamina sono notevolmente semplificati rispetto a quelli per gli impianti standard, vi sono alcune valutazioni preliminari da effettuare. La cresta ossea residua deve possedere uno spessore di almeno 3,5 mm, altezza di almeno 10 mm e si deve disporre di uno spazio protesico tra gengiva e base del dente di almeno 5 mm; la disposizione ideale prevede l’impiego di 4 mini impianti in zona interforamina, simmetrici rispetto alla linea mediana, equidistanti tra loro e distanziati di almeno 7 mm, con i pilastri posteriori posizionati ad una distanza di sicurezza di 5 mm dal forame mentoniero; i mini impianti, per poter effettuare un carico immediato, devono avere torque di inserimento superiore a 35 N/cm, così da minimizzare il rischio di micro movimenti durante le prime fasi carico; la tecnica di inserimento flapless è sicuramente da privilegiare, ma, in presenza di alcune caratteristiche anatomiche sfavorevoli della cresta residua (spessore, scivoli, sottosquadri), può essere opportuno adottare una tecnica a lembo.

DISCUSSIONE

Si presenta alla nostra osservazione la Sig.ra GS, di anni 76, portatrice di protesi totale superiore ed inferiore da circa 10 anni. Lamenta marcata instabilità della protesi inferiore e dolore alla masticazione a livello della cresta.

Il piano di lavoro proposto prevede la stabilizzazione della protesi inferiore tramite l’utilizzo di mini impianti e, in un secondo momento, il rifacimento di entrambe le arcate protesiche. La protesi inferiore viene ribasata per dare confort alla paziente e per ottenere un buon fit nei settori lateroposteriori, condizione indispensabile per non sovraccaricare i mini impianti con forze dislocanti durante le fasi di guarigione.

Il giorno dell’intervento si applicano sulla porzione vestibolare della protesi reperi radiografici (Figura 1) e si esegue una ortopantomografia digitale sezionale, limitata alla zona interforamina. Si valutano sull’immagine radiografica posizione di inserimento e lunghezza delle fixtures (Figura 2). Si esegue anestesia plessica. Nel caso in esame, la visione frontale ed occlusale della cresta edentula ed il sondaggio osseo rilevano la presenza di una cresta a lama di coltello (Figura 3 e 4), con uno spessore inferiore a 3,5 mm; si decide pertanto di effettuare una chirurgia a lembo.
Viene eseguito il lembo di accesso con una estensione mesio-distale sufficiente ad inserire i mini impianti distali 5 mm anteriormente al foro mentoniero (Figura 5). L’apertura del lembo mette in evidenza una cresta molto rastremata: viene eseguito il rimodellamento della base ossea fino al raggiungimento di uno spessore sufficiente all’inserimento dei mini impianti (Figura 6). Per problemi di spessori esigui dovuti ad una concavità linguale molto accentuata, si decide di mesializzare la posizione di entrambi i pilastri distali e di utilizzare fixtures più corte di quelle programmate per minimizzare l’effetto di espansione trasversale della cresta che si verifica durante l’avvitamento.
Si eseguono le preparazioni dei siti distali (Figura 7) con fresa dedicata di diametro 2 mm a circa 800 rpm con abbondante irrigazione fino al raggiungimento della lunghezza desiderata: in caso di osso denso il sito osteotomico va preparato per tutta la lunghezza della parte filettata dell’impianto, in caso di osso di densità modesta o scarsa il clinico dovrà valutare una adeguata sottopreparazione per garantire un elevato torque di inserimento. L’inserimento delle fixtures prevede 3 fasi: con il driver in plastica che funge da tappo alla confezione si ingaggia il mini impianto nella porzione coronale dell’osteotomia (Figura 8A) fino ad incontrare resistenza (Figura 8B). A questo punto si disinserisce il driver e si procede con la chiave a farfalla in dotazione nel tray (Figura 8C): durante questa fase è ancora possibile modificare la direzione di inserimento. La terza fase prevede l’utilizzo di una chiave dinamometrica regolabile su valori di torque compersi tra 30 e 50 N/cm: se viene superato il valore di torque impostato la chiave flette, a questo punto il clinico può decidere se proseguire l’alloggiamento della fixture ad un valore più elevato o svitare l’impianto ed approfondire l’osteotomia. Il corretto utilizzo della chiave prevede di mantenerla in posizione con il pollice della mano d’appoggio sopra alla testa della chiave stessa e l’indice sotto al mento del paziente. Nella figura 8D si vede la chiave superare il preimpostato valore di 35 N/cm.
Una volta inseriti i mini impianti distali si misura lo spazio intermedio e si programmano le posizioni dei pilastri mediani.(Figura 9). Si eseguono le preparazioni dei siti mediani e l’alloggiamento delle fixtures seguendo la stessa sequenza operativa (Figura 10). La foto 11 mostra l’effetto di espansione trasversale della cresta durante l’avvitamento, che in questo caso si traduce in una frattura superficiale della cresta ossea tra i due pilastri mediani. Dopo il completo alloggiamento delle fixtures si controlla il loro corretto posizionamento in senso corono apicale: devono emergere dalla gengiva testa e collo in modo che vi sia lo spazio per alloggiare matrici e patrici senza compressioni sulla gengiva. Si esegue una sutura multistrato con punti a materassaio evertente intervallati da punti staccati (Figura 12). La opt sezionale postoperatoria mostra i mini impianti inseriti (Figura 13).
Se è stato programmato un carico immediato, sulla protesi preesistente si creano con una fresa da laboratorio gli spazi per alloggiare le matrici, si controlla con psi o fit checker la completa passività sulle teste delle fixitures e che lo spazio sia sufficiente per la ribasatura (almeno 5 mm). Nel caso clinico presentato abbiamo eseguito una ribasatura con resina morbida Lang (Figura 14). Vengono date le istruzioni per la gestione del post operatorio e congedata la paziente.
A 7gg si rimuovono le suture e la guarigione monitorata settimanalmente (Figure 15, 16, 17).
Dopo 3 mesi utilizzando impronte in alginato il tecnico realizza i cucchiai individuali; il protesista esegue il bordaggio (Hoxan) e l’impronta definitiva con Impregum (Figura 18). Il laboratorio sviluppa il modello in gesso con analoghi (Figura 19) sul quale produce una chiave in silicone che viene utilizzata dal protesista per verificare la corrispondenza del modello con la situazione clinica (Figura 20); eseguita la verifica, il laboratorio realizza le basi in resina (con armatura e/o matrici) ed i valli in cera per le altezze (Figura 21). Si provano le altezze, si regolano i piani occlusali e si rileva l’arco facciale (Figura 22) L’odontotecnico esegue il montaggio dei denti (Figura 23) e lo invia al protesista per le prove estetiche fonetiche e funzionali; vengono apportate le eventuali modifiche e realizzata la protesi definitiva.
Il clinico consegna le protesi controllandone il perfetto fit nei settori lateroposteriori ed eseguendo eventuali ritocchi occlusali (Figura 24). La foto 25 mostra il particolare delle matrici e dell’armatura della protesi inferiore.
Dopo 7 gg si rivede la paziente e si effettuano aggiustamenti occlusali. e/o ritocchi in zone di compresione mucosa.
CONCLUSIONI

I mini impianti possono essere utilizzati come valido ausilio per la stabilizzazione definitiva di protesi totali inferiori in pazienti di età avanzata con cresta atrofica e con scarsa disponibilità economica e per la realizzazione di provvisori immediati durante il periodo di osteointegrazione degli impianti convenzionali. Un ulteriore utile applicazione di questo dispositivo è sicuramente la stabilizzazione di protesi parziali preesistenti con una distribuzione sfavorevole dei pilastri naturali.

ALCUNE DOMANDE AL DOTT. DAVIDE BALLINI

Abbiamo posto ad uno degli autori alcuni quesiti che vengono spesso rivolti dagli operatori.

Dott. Ballini, quale ritiene sia l’applicazione d’uso prevalente per i minimpianti?
Il mio modesto parere è che il principale campo di applicazione dei mini-impianti sia indubbiamente la stabilizzazione di protesi totali amovibili pre-esistenti in pazienti anziani con disponibilità economiche modeste.

Come valuta il concetto di mini-invasività?
Non considero la mini invasività come una saliente caratteristica di questo presidio terapeutico, dal momento che anche gli impianti convenzionali, se inseriti con tecniche flapless, garantiscono risultati paragonabili in termini di morbidità postoperatoria.

Considera semplice l’impiego dei minimpianti?
“Minus non est Minor…”. Sicuramente le procedure chirurgiche e protesiche sono estremamente semplificate, ma ritengo che i mini impianti possano esprimere il loro massimo potenziale nelle mani di clinici già esperti con i sistemi convenzionali.

Nel caso clinico illustrato nell’articolo, viene descritto una procedura con preparazione di lembi chirurgici. Quando utilizza i minimpianti, quante volte mediamente ricorre alla preparazione dei lembi e quante volte opta invece per una tecnica di inserimento flapless?
Diciamo che in linea generale adottiamo la tecnica flapless tutte le volte in cui la situazione clinica lo consente, anche per minimizzare il disagio post-interveto e l’incidenza delle complicanze associate alle tecniche a lembo (edema/ ematoma). Ricordo che la maggior parte dei pazienti che si sottopongono alla procedura sono anziani, dove sappiamo che i processi di guarigione sono più difficoltosi, in aggiunta portatori di protesi amovibili con conseguente rischio di comparsa di ulcerazioni / decubiti postoperatori. Pertanto il protocollo clinico prevede il monitoraggio frequente e costante nel periodo postchirurgico.

Quali sono i fattori di scelta discriminanti?
Il fattore discriminante circa la possibilità o meno di ricorrere alla tecnica flapless è rappresentato fondamentalmente dall’anatomia ossea del sito operatorio. Tutte le volte in cui si rende necessario il rimodellamento intraoperatorio della cresta ossea residua (creste a lama di coltello, presenza di sottosquadri, spessore di cresta inferiore a 3,5 mm) si deve giocoforza ricorrere alla tecnica a lembo.
Approfondimenti:
Implantologia a carico immediato

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