SONO UN PROFESSIONISTA IN ODONTOIATRIA

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SONO UN OPERATORE DELL’INDUSTRIA MECCANICA

Protesi full arch a carico immediato: un nuovo approccio chirurgico e protesico

Petrillo N.

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Petrillo N.

Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Parma nel 1990. Borsista presso la Divisione di Chirurgia Maxillo-Faciale dell’Ospedale Civile Borgo Trento di Verona fino al 1995.
Diploma di Perfezionamento in Endodonzia presso l’Università degli studi di Verona nel 1994.
Diploma di Perfezionamento in Implantologia Dentale presso l’Università degli Studi di Verona nel 2001. Dal 1994 si occupa di implantologia.
Relatore in corsi post-universitari e congressi AIO.
Da diversi anni si occupa di implantologia con particolare attenzione alle procedure post estrattive e di carico immediato.
Autore dell’articolo “Carico immediato post-estrattivo su monoimpianti mascellari” edito da Dental Cadmos.
Svolge attualmente libera professione negli studi di Lecce e Nardò (LE) occupandosi prevalentemente di chirurgia orale, parodontologia ed implantologia.

NumeriUno, 14: 17-21, 2012
Introduzione
Per molto tempo le linee guida relative al carico protesico degli impianti hanno fatto riferimento ai dettami della scuola di Brånemark, che prevedevano un lungo periodo di guarigione degli impianti sommersi e non sottoposti a carico funzionale. Tale periodo era indicato in 3-4 mesi per la mandibola e in 4-6 mesi per il mascellare superiore(1,2).
Tuttavia questi principi non avevano alcun fondamento scientifico o biologico ma si basavano solo su considerazioni empiriche volte ad evitare il fallimento implantare generato da un carico precoce e/o eccessivo che poteva indirizzare la guarigione perimplantare verso la fibrointegrazione determinandone l’insuccesso, piuttosto che verso l’osteointegrazione desiderata. Le linee guida iniziali dell’osteointegrazione prevedevano dunque il prerequisito clinico di un impianto completamente sommerso e non sottoposto a carico durante il periodo di guarigione(3).

Il carico immediato degli impianti suscita oggi molto interesse negli odontoiatri e nei pazienti perché permette di accelerare le fasi di protesizzazione provvisoria e le procedure protesiche complessive.
Se valutiamo l’impatto che i periodi di guarigione hanno sul paziente, essi potrebbero rappresentare una situazione non sopportabile da un punto di vista estetico, funzionale e psicologico, specialmente se affetto da edentulia totale.
Il miglioramento dell’approccio protesico prechirurgico, delle tecniche chirurgiche stesse, delle superfici implantari e le migliori conoscenze biomeccaniche e del meccanismo biologico cellulare alla base dell’adesione del nuovo osso sulle superfici implantari, hanno portato i ricercatori ed i clinici a ridurre questi tempi di attesa fino ad annullarli, giungendo alla teorizzazione del carico immediato.
Numerosi sono ormai gli studi in cui sono state riportate alte percentuali di successo nelle riabilitazioni in edentulismi parziali o totali(4,5,6,7). I primi studi relativi al carico immediato sono stati condotti su mandibole edentule collocando gli impianti nella zona intraforaminale dove la presenza di osso compatto forniva le migliori garanzie di stabilità primaria. Babbush e coll. nel 1986(8) riportano una tecnica di carico immediato su 4 impianti inseriti nella sinfisi mandibolare con overdenture, solidarizzati subito con barra metallica e 2 settimane più tardi caricati con una protesi definitiva con clip. Da allora numerosi studi sono stati fatti su impianti caricati immediatamente in mandibola con protesi fissa o rimovibile con alte percentuali di successo paragonabili a quelle con carico convenzionale(9,10,11,12,13,14,15).
Anche Lederman negli anni ottanta ha valutato il posizionamento di impianti prevalentemente in zona intraforaminale, caricandoli con overdenture e riportando alte percentuali di successo. L’autore individuò nella alta densità ossea del sito ricevente e nella stabilizzazione immediata degli impianti mediante protesi i criteri per il successo del carico immediato(16).
Nel tempo si sono susseguiti numerosi studi che hanno subito un incremento nell’ultimo decennio e che, pur con diversi approcci, soprattutto protesici, hanno portato tutti alla conclusione di una affidabilità e predicibilità a lungo termine di questa metodica(13,14,17,18,19,20,21,22,23,24,25).
Ricordiamo inoltre che mentre la predicibilità a lungo termine di impianti in mandibole edentule è alta e supportata da numerosi studi, per ciò che riguarda il mascellare superiore completamente edentulo ed i carichi immediati con protesi parziali non vi è ancora un’ampia letteratura.
Diverse sono infine le interpretazioni date sul significato di carico immediato, taluni riferendolo solo al carico effettuato nelle 24 ore dal posizionamento degli impianti; tuttavia possiamo comunque considerare immediato il caricamento di un impianto effettuato nelle 48-72 ore.
Valutazione prechirurgica Il trattamento con carico immediato in mascellari completamente edentuli mediante protesi fissa parte da una attenta scelta e valutazione del paziente che deve essere fortemente motivato ed educato a questo approccio terapeutico.
Dopo aver valutato la quantità e qualità dell’osso importanti per garantire la stabilità primaria degli impianti, si considera la posizione dei denti protesici, il profilo di emergenza, l’occlusione, la fonetica, il supporto labiale e facciale ed i parametri estetici appropriati che portano al consenso del paziente.
In letteratura vari sono i protocolli per la riabilitazione fissa del mascellare e mandibola edentula.
Possiamo riassumere questi protocolli in 3 punti:
  • Riabilitazione fissa solidarizzata supportata da 4-6 impianti anteriori (posti tra i forami mentonieri o i seni mascellari) ed estensioni laterali bilaterali(26,27).
  • Riabilitazione fissa solidarizzata supportata da 6-8 impianti antero-posteriori distribuiti lungo l’arcata senza estensioni bilaterali(28,29,30).
  • Riabilitazione totale fissa segmentata supportata da 6-8 impianti antero-posteriori(31).

Nella progettazione del carico immediato più che mai la fase chirurgica è protesicamente guidata. La progettazione della protesi provvisoria darà luogo ad una mascherina chirurgica permettendo di collocare al meglio gli impianti e di distribuirli secondo numero ed angolazione lungo l’arcata; permetterà inoltre di valutare al meglio lo spazio interarcata scegliendo il tipo di attacco più idoneo.

Oltre al momento della pianificazione protesica, va presa in considerazione anche la valutazione clinica del paziente, con particolare riferimento alle caratteristiche dell’osso che dovrà accogliere gli impianti. Criterio imprescindibile di queste terapie è sicuramente il raggiungimento di una stabilità primaria per poter ottenere gli stessi risultati rispetto ad un carico differito e per avere una analoga risposta in termini di crescita ossea perimplantare(33). Altresì va posta attenzione sulla scelta della superficie implantare per aumentare ed accelerare la crescita ossea perimplantare a vantaggio di una migliore stabilità secondaria. È ormai fuori di dubbio che le superfici microruvide offrono una migliore qualità di osso perimplantare ed una maggiore rapidità di osteointegrazione rispetto alle superfici lisce e queste caratteristiche sono particolarmente utili ed evidenti nei settori posteriori della mascella a minore densità ossea(34,35,36).

I criteri biologici ed operativi per il successo sono pertanto:
  • Qualità ossea: sicuramente un osso trabecolare compatto offre un maggiore adattamento della superficie di contatto osso-impianto che si traduce in una maggiore stabilità primaria, è infatti documentato che le maggiori possibilità di fallimento si hanno in osso di tipo IV rispetto a quelle di tipo I, II, III(37,38,39).
  • Quantità ossea: il volume osseo detta ovviamente lunghezza e diametro implantare. La possibilità di inserire un adeguato impianto sia in lunghezza che larghezza offre sicuramente una maggiore superficie di contatto osso-impianto nella fase iniziale dell’osteointegrazione. È stata documentata una correlazione positiva tra lunghezza e/o diametro dell’impianto e valori di torque di rimozione(40,41,42).
  • Macrostruttura dell’impianto: gli impianti filettati offrono sicuramente una maggiore ritenzione meccanica dopo l’inserimento e pertanto vanno preferiti a quelli non filettati.
  • Microstruttura implantare: le superfici microruvide accelerano e migliorano la stabilità del coagulo perimplantare nelle primissime fasi; studi in letteratura dimostrano un chiaro aumento del BIC (Bone Implant Contact) in tali impianti rispetto a quelli machined(43). Inoltre tra i microruvidi il BIC è maggiore intorno agli impianti sottoposti a carico immediato rispetto a quelli a carico differito(44).
  • Bicorticalizzazione: impattare sia la corticale superiore che quella inferiore sembra garantire maggiori condizioni di stabilità aumentando il torque di rimozione(40). Inoltre Chiapasco e coll. non trovarono alcuna correlazione tra lunghezza dell’impianto e percentuali di successo se si era ottenuta una bicorticalizzazione(14).

Protocollo di scelta
Il presente lavoro vuole illustrare i risultati clinici del carico immediato, ottenuto entro le 24 h, in mandibole e mascelle completamente edentule con un nuovo approccio chirurgico-protesico volto ad ottenere in tempi brevissimi la funzionalizzazione protesica del paziente completamente edentulo.
Sono stati sottoposti a questo protocollo 6 pazienti, quattro donne e due maschi, di età compresa tra i 58 ed i 63 anni, che necessitavano di una riabilitazione completa mascellare e/o mandibolare. Precisamente un maschio e due donne avevano bisogno di una riabilitazione combinata mandibolare e mascellare; due donne solo mascellare e un uomo solo mascellare. In totale sono state riabilitate 9 arcate.
Nessuno dei pazienti si è presentato completamente edentulo ma ognuno portava gli esiti di vecchie protesi fisse o combinate non più congrue dal punto di vista funzionale, avendo perso i supporti radicolari per carie destruenti oppure essendo affetti da parodontopatia per cui dovevano ricorrere necessariamente ad una terapia implantare full arch (foto 1). In alcuni casi sono stati posizionati impianti anche in siti post estrattivi adeguatamente decontaminati.
I pazienti tutti in ottime condizioni di salute non presentavano patologie sistemiche di rilievo o tali da controindicare in senso generale una terapia implantare. Nessuno dei pazienti era fumatore.


Procedura pre-chirurgica
Partendo dallo studio dei modelli di studio e delle cerature diagnostiche per valutare estetica, fonetica e rapporti intermascellari si sono realizzate delle dime chirurgiche per analizzare gli spazi intraorali, la distribuzione degli impianti lungo l’arcata, il loro corretto allineamento e la scelta dei diametri durante il posizionamento degli impianti.
Tale scelta è stata sempre supportata dalla valutazione del Dentalscan di ogni singolo paziente.
Procedura chirurgica
I pazienti sono stati sottoposti a intervento implantare dopo adeguata preparazione con copertura antibiotica (amoxicillina +acido clavulanico 1gr. x 2 die) iniziata 24 ore prima dell’intervento visto che in alcuni casi erano presenti residui radicolari che si è preferito mantenere in situ per non creare disagi ai pazienti con troppi atti chirurgici ed altresì sfruttare al meglio le proprietà rigenerative degli alveoli post estrattivi ai fini di una migliore osteointegrazione.
La presenza di radici cariate o parodontalmente compromesse ha consigliato l’uso del laser al neodimio per decontaminare i siti post estrattivi. Gli interventi sono stati eseguiti in regime ambulatoriale in anestesia locoregionale (articaina 1:100.000) e solo in un paziente si è ricorsi ad una blanda sedazione intraoperatoria per via endovenosa.
Gli impianti sono stati posizionati tenendo conto delle indicazioni di carico fornite dallo studio protesico prechirurgico e sfruttando ove possibile i siti post estrattivi e sono stati inseriti con un torque non inferiore a 55 N.
Dopo aver applicato suture a punti staccati, i pazienti sono stati congedati con terapia antibiotica, analgesica e l’uso di collutorio con clorexidina allo 0,20%.
Procedura protesica post chirurgica
L’utilizzo di impianti dotati di un dispositivo di montaggio che funge al tempo stesso da moncone provvisorio, ha permesso di prendere delle impronte intraoperatorie per la realizzazione di un manufatto provvisorio (foto 2). Sono state utilizzate delle particolari cappette compatibili con i mounter per prendere durante la fase chirurgica le impronte di posizione degli impianti.
In laboratorio, colate le impronte, si provvede ad ottenere il parallelismo dei monconi provvisori, ricorrendo all’utilizzo di particolari monconi parallelizzatori (MP) (foto 3) che vengono fresati al parallelometro tra i 0 e 2 gradi (foto 4).
Questi MP vanno ad incastrarsi da un lato sul mounter-abutment dell’impianto tramite un sistema ritentivo e dall’altro si accoppiano per frizionamento conometrico in alloggiamenti cavi corrispondenti posti all’interno della protesi (foto 5).
Questa nuova procedura per la realizzazione di un provvisorio a carico immediato prevede l’utilizzo dei MP che danno non solo la possibilità di correggerein breve tempo i disparallellismi che l’anatomia dei mascellari induce sul posizionamento degli impianti; ma rappresentano, secondo l’autore, per la loronatura elastica, un elemento ammortizzatore che contribuisce a ridurre gli stress all’interfaccia osso impianto, aspetto questo che è particolarmente utile nelmascellare superiore.
I pazienti sono stati chiamati in studio il mattino successivo per il posizionamento della protesi provvisoria in resina.
A distanza di una settimana sono stati rimossi i punti di sutura (foto 6). Particolare attenzione va posta sul dato che tale protesi provvisoria monta sugli impianti mediante un sistema di ritenzione totalmente frizionante eliminando il ricorso all’utilizzo di cementi e quindi evitando possibili infiltrazioni sottogengivali dello stesso. Tale sistematica permette di realizzare in brevissimo tempo un provvisorio perché non si deve ricorrere all’uso di strutture metalliche per bloccare e solidarizzare immediatamente gli impianti posizionati, evitando in tal modo anche tutti gli errori insiti nella realizzazione di fusioni metalliche ed i ritardi nella consegna dei provvisori ad esse correlate. La rigidità della protesi, che serve per intercettare i micromovimenti occlusali che possono scaricarsi sugli impianti, è affidata ad una barra metallica del commercio inglobata nelle protesi provvisoria (foto 7) o all’utilizzo di fibre di vetro a rinforzo della struttura in resina dei provvisori.
Per quanto riguarda l’occlusione della protesi provvisoria, il carico occlusale è stato limitato alla zona anteriore dando dei contatti di centrica solo nella zona compresa tra i primi premolari; questo perché le forze masticatorie sono maggiori nei settori posteriori dove la qualità dell’osso è sempre peggiore rispetto alle sedi anteriori e quindi meno indicata per un carico immediato.
Al momento della consegna del provvisorio è stata rinnovata ai pazienti la raccomandazione di osservare nei primi 40-50 giorni una dieta particolarmente morbida per non aggravare il carico masticatorio degli impianti appena posizionati.
A distanza di 3 mesi dal posizionamento mandibolare e dopo 4 mesi circa da quello mascellare, si sono avviate le procedure per realizzare il manufatto protesico definitivo.
Procedura protesica definitiva Trascorsi i tempi suddetti si sono prese nuove impronte in poliestere, i modelli sono stati montati in articolatore e messi in relazione previo rilevamento dei rapporti occlusali mediante arco facciale.
Sono stati realizzati monconi fusi personalizzati sui quali sono state disegnate delle apposite cappette aureo galvaniche, queste sono state provate in bocca e successivamente incollate sempre in bocca al paziente, su una struttura terziaria che è stata successivamente inglobata nel manufatto protesico finale (foto 8).
Il ricorso a cappette galvaniche è stato utilizzato per ridurre eventuali distorsioni e trazioni che potessero ripercuotersi sugli impianti invalidando nel tempo l’osteointegrazione. Si è scelto di eseguire le prove di fit e l’incollaggio in bocca per ottenere la migliore passivazione della protesi (foto 9). Alla fine l’intero lavoro protesico è stato collocato sui monconi precedentemente avvitati sugli impianti e bloccato da 2 microviti trasversali per assicurare ulteriormente la stabilità della protesi (foto 10 e 11).
Discussione
Mentre le percentuali di successo implantare con carico immediato in mandibola sono ampiamente documentate in letteratura, non sono ancora presenti molti lavori che valutano i risultati del carico immediato nel mascellare. Sono state trattate 9 arcate edentule 6 mascellari e 3 mandibole per un totale di 55 impianti posizionati non solo nei settori anteriori con una qualità ossea di tipo I e II ma anche in zona molare dove la qualità è prevalentemente di tipo III con maggiori rischi per l’osteointegrazione.
Questo ci permette di fare una prima considerazione sugli impianti utilizzati.
Come evidenziato da revisioni della letteratura(45) è proprio nei settori in cui la qualità ossea diventa di tipo III o IV che risulta determinante la microsuperficie dell’impianto; infatti non si riscontrano differenze significative tra percentuali di successo di impianti lisci e rugosi quando sono posti in settori anteriori sia mandibolari che mascellari perché a maggiore densità ossea.
L’impianto Global da noi utilizzato unisce all’aggressività delle spire adatte a creare stabilità meccanica, anche una superficie nanostrutturata che con la sua microporosità non solo contribuisce ad amplificare la superficie di contatto ossoimpianto, ma anche induce una precoce stabilizzazione del coagulo intorno all’impianto accelerando i processi di osteogenesi e riducendo i micro movimenti perimplantari.
La particolare predisposizione di questo impianto al carico immediato che gli permette di meglio sopportare i micromovimenti iniziali, è dovuta anche al sistema di spire circolari collocate nella zona più coronale dell’impianto che lo rendono affine per osso di bassa densità.
A questo va aggiunto che, quando è stato possibile posizionare gli impianti in siti post estrattivi, ciò è stato effettuato per garantire una guarigione perimplantare più rapida perché sfrutta il potenziale rigenerativo del sito post estrattivo con una migliore e più rapida deposizione di osso intorno agli impianti. Infatti è documentato variamente in letteratura un significativo aumento dell’ISR (percentuale di successo impiantare) nei siti post estrattivi rispetto a quelli realizzati con osteotomia.(45)
La scelta della lunghezza dell’impianto è a nostro avviso un altro fattore determinante per il successo. In letteratura è riportato di non utilizzare impianti inferiori a 10 mm e di sfruttare sempre al massimo l’altezza dell’osso disponibile. In questo lavoro sono stati utilizzati prevalentemente lunghezze di 15 mm e 13 mm.
Altra finalità di questo lavoro oltre che documentare la possibilità di caricare immediatamente con successo nel mascellare, era quella di mettere a punto un protocollo protesico tale da garantire una immediata funzionalizzazione degli impianti con protesi provvisorie che, pur non essendo avvitate agli impianti, potessero comunque assicurare quella rigidità necessaria nelle prime fasi dell’osteointegrazione ed al tempo stesso ridurre il disagio dei pazienti che non sempre accettano di rimanere senza protesi per alcune settimane o di ricorrere a protesi totali. I pazienti in definitiva hanno sempre goduto di protesi fisse fin dalle 24 ore successive al posizionamento degli impianti, riducendo disagi masticatori e migliorando soprattutto la vita di relazione.

Questo lavoro ha dimostrato che:
  • si è ottenuto un carico immediato ed una protesi in appena 24 ore dal posizionamento degli impianti;
  • non è necessaria una così rigida stabilizzazione degli impianti nelle prime fasi della osteointegarzione mediante barra come enunciato nella letteratura, e questo vale sicuramente per la mandibola dove abbiamo una maggiore densità ossea capace di dare stabilità primaria agli impianti, ma anche nel mascellare dove le incertezze sono alimentate dalla minore densità ossea.
Risultati
Durante il periodo di osteointegrazione si è avuto il fallimento di un impianto collocato in osso mascellare. L’insuccesso si è verificato durante il secondo mese di integrazione. Questa situazione non ha tuttavia compromesso il proseguimento della terapia ed il lavoro protesico nel suo complesso, per cui l’impianto è stato rimosso e sostituito con uno di pari lunghezza e diametro superiore. La percentuale di sopravvivenza implantare è del 98,1% e, nonostante il ridotto numero di impianti campione e di pazienti reclutati, è tuttavia in linea con le percentuali di successo riportate in letteratura.
Conclusioni
Con questo lavoro si è voluto illustrare un nuovo approccio protesico per ottenere il carico immediato full arch degli impianti in condizioni di edentulia totale combinata o riferita ad una sola arcata. L’obiettivo di realizzare una protesi provvisoria nell’arco della giornata è stato raggiunto, contemporaneamente si è garantito all’insieme degli impianti una immobilità che ha preservato gli stessi dai micromovimenti così importanti nelle prime fasi dell’integrazione ossea. Ne consegue che probabilmente non è indispensabile rendere la struttura protesica provvisoria solidale agli impianti mediante viti passanti (protesi avvitata) o mediante barra, ma la metodica utilizzata che sfrutta una protesi rimovibile legata al moncone implantare mediante un sistema frizionante sembra essere una valida alternativa che offre ugualmente stabilità agli impianti nel periodo di guarigione.
Da ultimo, ma non meno importante, si è garantito al paziente una continuità della funzione masticatoria, fonetica e di relazione sociale prendendoci cura quindi anche dell’aspetto psicologico che la mancanza di un provvisorio per un lungo periodo di tempo può generare nell’individuo.
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Approfondimenti:
Implantologia a carico immediato

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