SONO UN PROFESSIONISTA IN ODONTOIATRIA

In ottemperanza con quanto previsto dalla normativa vigente, dichiaro sotto la mia responsabilità di essere un professionista del settore odontoiatrico e di essere pertanto autorizzato a prendere visione del contenuto presente in questo sito internet.

SONO UN OPERATORE DELL’INDUSTRIA MECCANICA

Riabilitazione implanto-protesica di entrambe le arcate mediante Toronto Bridge su impianti tiltati a carico immediato

Becatelli A., Biscaro L., Soattin M., Ferlin P.

CASE REPORT
(.pdf - 910 KB)

Becatelli A.

Graduated in Medicine and surgery. In the two-year period 1985-86, he attended courses in the treatment of total edentulism with osseointegration taught by Professor I. Branemark and courses with the same implant systematics taught by Professor Van. Steemberghe.
In 1997, he attended the course in implant surgery with osteotomy techniques taught by Professor Summers.
In 1998, he attended the implant surgery course taught by Doctors G. Bruschi and Scipioni
In 2000, he attended the surgical anatomy course taught by Professor G. Godlewski at the University of Montpellier
In 2007, he completed a “clinical residency” at the clinic of Doctor Malò.
Co-author with Dr L. Biscaro and Dr P. Poggio of the chapter on “La Riabilitazione Complessa del Paziente Totalmente Edentulo” in the “Il Carico Immediato” book by T. Testori, F. Galli, and M. Del Fabbro. Author of various publications in international journals and speaker at national congresses.
He specialises exclusively in implant surgery at his clinic of Villa Bartolomea (VR) and for many years has been collaborating with Dr L. Biscaro in the management of complex rehabilitation surgeries.

Biscaro L.

Laurea in odontoiatria con lode presso l’Università di Bologna nel 1985; Ha frequentato, nel triennio 1988-1990 il corso di Ortodonzia presso il CISCO di Verona curato dal Prof. Ducheateaux, dell’Università di Nantes, nel biennio 1991-1992 il corso di Parodontologia tenuto dal Dott. Gianfranco Carnevale, nel biennio 1993-1994 il corso di Protesi fissa tenuto dal Dott. Gianfranco Di Febo, nel triennio 1998-2000 il “Center for functional occlusion” dei San Francisco diretto dal Prof. Ronald Roth e dal Dott. Robert Williams, conseguendo il diploma nell’agosto 2000; È socio Attivo della Società Italiana di Parodontologia, dell’Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica ed è socio straordinario della Società Italia di Ortodonzia; È membro del Consiglio Direttivo dell'Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica; È stato eletto Presidente dell’Accademia italiana di Odontoiatria Protesica per il biennio 2013-2014; Esercita la libera professione in Adria (RO) dedicandosi prevalentemente agli aspetti chirurgici e protesici delle riabilitazioni complesse.

Soattin M.

Nato a Monza nel 1967, si è diplomato in odontotecnica presso l'Istituto“E. Fermi" di Este (PD) nel 1986; Ha collaborato con il Laboratorio di Franco Rossini dal 1987 e dal gennaio 2000 ne è diventato socio; Ha frequentato vari corsi tra cui il corso di protesi fissa tenuto dal Sig. Roberto Bonfiglioli e il corso di estetica presso il laboratorio del Sig. Willy Geller a Zurigo; Socio A.N.T.L.O. e socio attivo A.I.O.P., si dedica prevalentemente a ricostruzioni in metallo ceramica e su impianti nel laboratorio di Este (PD); È stato eletto Dirigente dell’Accademia italiana di Odontoiatria Protesica per il biennio 2013-2014.

Ferlin P.

Laureato con Lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso L’Università di Ferrara;
Collabora attivamente con lo studio del Dott. Alberto Becattelli.

NumeriUno, 10: 10-12, 2011
Il trattamento del paziente con dentatura residua irrecuperabile che desidera una riabilitazione fissa pone al clinico una serie di interrogativi. Il paziente deve essere valutato nella sua interezza, oltre al cavo orale va fatta un’analisi del viso e di come la futura riabilitazione potrà integrarvisi, solo al termine del processo decisionale estetico-protesico si sceglierà la tecnica chirurgica che più facilmente consentirà la risoluzione del caso secondo gli obiettivi del clinico e soprattutto del paziente. La metodica All-on-Four® è stata principalmente sviluppata dal dott. Paulo Malò al fine di sfruttare al massimo l’osso disponibile nei mascellari edentuli o potenzialmente tali; la tecnica permette di evitare innesti d’osso, rialzi di seno mascellare o altre procedure rigenerative. Un’intera arcata può essere riabilitata utilizzando solo quattro impianti anche in situazioni in cui i volumi ossei siano estremamente ridotti. I due impianti distali sono inclinati e posizionati anteriormente alla parete mesiale del seno mascellare o all’emergenza del nervo alveolare inferiore, ciò consente di inserirli in un osso di buona qualità e di trovare frequentemente una buona stabilità primaria. L’inclinazione permette di ridurre i notevoli cantilever distali che erano presenti nelle Toronto Bridge tradizionali, estensioni minori di 15 mm appaiono associate a minori complicanze protesiche quali svitamenti e fratture. Nonostante si abbia un accumulo di momenti flettenti a livello degli impianti inclinati, gli studi radiografici riportati in letteratura non mostrano differenze statisticamente significative nel riassorbimento osseo marginale fra impianti assiali e inclinati. La solidarizzazione attraverso la travata protesica si è dimostrata di fondamentale importanza; essa è in grado di portare a una migliore distribuzione degli stress e a stabilizzare la struttura riducendo i micromovimenti implantari. Gli indubbi vantaggi per il paziente sono rappresentati da una riduzione dei tempi di trattamento e da costi biologici ed economici contenuti. La possibilità di disporre di una protesi provvisoria fissa il giorno stesso dell’intervento o il seguente riduce i disagi e evita di dover ricorrere a soluzioni rimovibili o a lasciare il paziente edentulo nel periodo necessario all’osteointegrazione. Altro fattore importante è il più facile mantenimento nel tempo della riabilitazione vista la minore difficoltà a pulire solo quattro impianti e ben distanziati fra loro rispetto a molti e vicini. Secondo le indicazioni classiche la tecnica All-on-Four® necessita a livello mascellare di una cresta larga almeno 5 mm e con un’altezza minima di 10 mm da canino a canino, nella mandibola di una larghezza di 5 mm e un’altezza minima dell’osso di 8 mm tra i forami mentonieri.

DESCRIVIAMO LA TECNICA IMPLANTO-PROTESICA ATTRAVERSO IL CASE REPORT

La paziente di 71 anni non ha patologie di ordine generale e non è fumatrice. Il suo desiderio era migliorare l’estetica e la funzione masticatoria attraverso una nuova protesi possibilmente fissa. La paziente portava due protesi parziali rimovibili con ganci e attacchi incongrue ed usurate. La dentatura residua si mostrava affetta da malattia parodontale che aveva portato alla compromissione irrimediabile della maggior parte degli elementi (Fig. 1). Dall’esame ortopantomografico la zona della premaxilla fino ai premolari risultava ancora ben rappresentata. Inferiormente nella zona intraforaminale la quantità di osso sembrava sufficiente per una riabilitazione di tipo implantare (Fig. 2). All’esame TC si evidenziava ancora più chiaramente che la qualità e quantità ossea non era sufficiente a inserire impianti con stabilità primaria nelle zone posteriori superiori e inferiori. La metodica All-on-Four® appariva dunque, in questo caso, la soluzione più agevole e meno invasiva. Nella fase prechirurgica veniva fatta un’accurata analisi attraverso i modelli montati in articolatore. La paziente aveva rapporti scheletrici tendenzialmente di II classe mentre non vi era una particolare discrepanza trasversale. All’analisi estetica la linea del sorriso risultava di altezza media con nessuna esposizione a riposo del margine degli incisivi centrali superiori (Fig. 3-4). In base a tutte le informazioni cliniche raccolte viene eseguita la ceratura diagnostica. Quest’ultima è parte fondamentale della “tecnica del modello unico”, messa a punto dal dott. Leonello Biscaro: il modello di studio diviene modello di lavoro e le mascherine in silicone della ceratura permettono di realizzare rapidamente il provvisorio. Le placche di trasferimento in resina sono il tramite per collocare gli analoghi nella corretta posizione, la placca superiore prendeva come riferimento il palato, quella inferiore le zone edentule posteriori e i due primi premolari.
ARCATA INFERIORE

È stata eseguita un’incisione intrasulculare da 5° a 5°, scollati i due lembi mucoperiostali vestibolare e linguale, preservando la maggior quota di gengiva cheratinizzata possibile. Sono stati estratti gli elementi dentali residui mantenendo momentaneamente i primi premolari per consentire una maggior stabilità della placca di trasferimento (Fig. 5-6). In questo caso le necessità protesiche modificano la tecnica chirurgica che abitualmente prevede di inserire prima gli impianti posteriori e poi quelli anteriori. E’ stata eseguita una regolarizzazione del piano osseo mediante pinza ossivora e fresa multilama su manipolo dritto. Ciò ha consentito di creare una superficie pianeggiante dove posizionare gli impianti. La scelta della tipologia implantare deve tener conto della stabilità primaria che è necessario raggiungere; per la notevole versatilità data dalla forma e macrogeometria delle spire sono stati usati impianti Kohno. La morfologia conica infatti permette di raggiungere un corretto torque di inserimento nella stragrande maggioranza dei casi, a variare dovrà essere la tecnica di preparazione del sito implantare che sarà conseguenza della qualità ossea (Fig. 7-8).
I primi due impianti sono stati inseriti a livello degli incisivi laterali e su questi sono stati avvitati i P.A.D. dritti a 25 Ncm (Fig. 9). La sistematica P.A.D. (Protesi Avvitata Disparallela) è stata concepita per permettere attraverso pilastri conici e angolati di realizzare protesi avvitate anche in presenza di impianti molto divergenti con assi di emergenza protesici disparalleli. I transfert sono stati avvitati ai P.A.D., collegati fra loro con filo ortodontico e resina e solidarizzati alla placca (Fig. 10-11). Dopo l’estrazione dei denti residui viene praticato un foro sulla linea mediana con una fresa da 2 millimetri, ortogonalmente alla cresta ossea per il posizionamento della guida chirurgica, che aiuta a definire la giusta inclinazione degli impianti distali (Fig. 12). Il ginocchio che fa il nervo alveolare inferiore prima di entrare nel forame mentoniero è il limite posteriore all’inserimento degli impianti inclinati, questo è valutabile tramite panoramica e TC.
È possibile misurare anche intraoperatoriamente l’estensione di tale loop, scollando fino ad esporre l’emergenza del nervo mentoniero e inserendovi una sonda parodontale (Fig. 13). Con l’ausilio della guida chirurgica si sono inseriti gli impianti distali angolati a 45° e avvitati i P.A.D. angolati con inclinazione 30° (Fig. 14-15).
Dopo aver suturato i lembi senza tensione, sono stati collegati ai P.A.D. una nuova serie di transfert ed eseguite due ferule da inviare al laboratorio. Una volta avvitate le cuffie protettive, la paziente è stata dimessa (Fig. 16). Il provvisorio che abitualmente viene preparato è in resina, armato e di 10 elementi senza cantilever, viene consegnato il giorno successivo all’intervento, opportunamente scaricato e messo in occlusione (Fig. 17).
ARCATA SUPERIORE

L’intervento sull’arcata superiore non è stato eseguito in contemporanea ma rimandato di circa un mese per esigenze della paziente. Sono stati estratti i denti, scolpito un lembo vestibolare mantenendovi una parte della gengiva cheratinizzata palatina, regolarizzata la cresta e inserita la placchetta guida (Fig. 18). Il limite per il posizionamento degli impianti posteriori è, come già detto, la parete anteriore del seno mascellare; anche in questo caso oltre alla valutazione con esami radiografici è di ausilio il riscontro intraoperatorio. Viene per questo eseguita un’antrostomia in vicinanza della parete, scollata la membrana e stimato attraverso una sonda parodontale l’esatta collocazione della parete anteriore del seno (Fig. 19). I quattro impianti sono stati collocati con idonea stabilità primaria, avvitati i P.A.D. dritti anteriori e quelli inclinati a 30° posteriormente. Infine è stata fatta la registrazione della posizione tramite placchetta e costruite due ferule di controllo (Fig. 20-21).
La paziente viene dimessa con le cuffie di copertura avvitate e il provvisorio è consegnato il giorno seguente (Fig. 22). I provvisori sono stati mantenuti 5 mesi, trascorsi i quali prima si è valutata l’osteointegrazione degli impianti per poi procedere con la protesizzazione definitiva (Fig. 23). È importante notare il ruolo fondamentale svolto dai provvisori: essi splintano insieme gli impianti permettendo una migliore distribuzione delle forze e proteggono dalla possibilità di sovraccarico di ogni singolo impianto. Il framework metallico interno assicura quella rigidità e passività necessarie alla corretta osteointegrazione.
COSTRUZIONE DELLA PROTESI DEFINITIVA

Con la “tecnica del modello unico” è possibile utilizzare ancora una volta gli stessi modelli della ceratura diagnostica, sui quali erano già stati realizzati i provvisori. Si procede alla duplicazione dei provvisori e inserimento nel cavo orale; nello spazio fra questi e le gengive viene iniettato del silicone fluido che impronterà la nuova anatomia (Fig. 24). Una volta rimontati sul modello si inietta il silicone rosa nello spazio rimanente, riproducendo così i tessuti molli perimplantari. Sui duplicati è possibile anche riportare le modifiche che si vogliono ottenere nei definitivi, come la correzione della linea mediana (Fig. 25-26). La soluzione protesica scelta per l’arcata superiore è stata una travata in lega palladiana, ottenuta per fusione e ricoperta in ceramica, direttamente avvitata ai PAD. Inferiormente si è scelto una protesi ugualmente avvitata ma con travata in titanio fuso e ricoperta in resina composita. Dopo le prove delle fusioni si è proceduto alla ricopertura con i materiali estetici (Fig. 27) e alla consegna, a distanza di 6 mesi dall’inizio della terapia (Fig. 28-29-30-31).
Approfondimenti:
Implantologia a carico immediato

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