SONO UN PROFESSIONISTA IN ODONTOIATRIA

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SONO UN OPERATORE DELL’INDUSTRIA MECCANICA

Analisi dei fattori fondamentali nella progettazione chirurgica delle protesi postestrattive a carico immediato su impianti inclinati e non

Secondo F.

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Secondo F.

Diplomatosi odontotecnico, lavora per molti anni in questo ambito.
Si laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università di Pavia.
Svolge la propria attività principalmente nel suo studio a Collegno (TO), occupandosi prevalentemente di protesi ed implantoprotesi.

NumeriUno, 12: 14-17, 2012
Negli ultimi anni nel panorama implantoprotesico si sta sempre di più affermando la protesi implantare post estrattiva a carico immediato. In questo contesto si adotta spesso la metodica degli impianti distali posizionati in posizione inclinata, indicata quando si presentano atrofie ossee nei settori posteriori con conseguenti problemi anatomici inerenti alla posizione dell’emergenza dei nervi alveolari e pneumatizzazione dei seni mascellari.
Si necessita di questo tipo di interventi quando non si ha la possibilità di considerare la risoluzione, con rigenerazioni ossee, delle atrofie posteriori sia inferiormente che superiormente.
Per quanto il posizionamento in fase operatoria degli impianti distali inclinati e di quelli più mediali posizionati in posizione perpendicolare alla cresta possa sembrare alquanto agevolato dalla quantità e sovente dallo stabile tipo di osso presente in fase preestrattiva (foto 1), spesso si presentano numerosi problemi connessi a condizioni a volte problematiche nella fase chirurgica.
I fattori a cui attenersi per un carico immediato richiedono infatti una canonica stabilità primaria, ma non escludono quei principi fondamentali per le esigenze di estetica, esecuzione della protesi provvisoria in un breve arco di tempo, comfort postoperatorio, ecc…
Numerose possono essere le difficoltà presenti soprattutto quando, in fase postestrattiva, ci si trova di fronte a varie complicanze ossee determinate da un lungo permanere di fattori infiammatori ed infettivi e rappresentate, sull’osso alveolare, da lacune ed atrofie di vario genere che provocano variazioni di forma nei tre piani dello spazio nell’osso in cui dovremmo posizionare gli impianti, problema che inevitabilmente andrà ad influenzare la stabilità, l’estetica e la necessita di consegnare un provvisorio immediato in breve tempo.
In questo lavoro si vogliono analizzare in modo cronologico i fattori fondamentali della fase prechirurgica, al fine di ottenere un protocollo che guidi ad un risultato più predicibile possibile e permetta una esecuzione lineare e facilitata che determini la durata nel tempo delle riabilitazioni stesse.
Al fine di tenere a mente quanto programmato, sia in riferimento ai profili ossei sia per l’assortimento delle misure di impianti da usare nel programma inerente ai canoni di riferimento descritti in questo articolo, sarà di nostra utilità eseguire un progettino su carta (foto 2).
I fattori fondamentali possono essere riassunti e descritti in estetici e funzionali:

di fondamentale importanza è predire il risultato estetico già al livello dei provvisori immediati postestrattivi. Il montaggio e lo studio dei modelli di partenza con i denti ancora da estrarre, adottando le corrette dimensioni sia verticali che orizzontali, ci guiderà ad una prima impostazione degli idonei fattori estetici e funzionali (foto 3 e 4).
Questa pianificazione ci porterà ad eseguire delle protesi provvisorie alle quali apporteremo, nell’arco di tempo che intercorre tra le protesi provvisorie stesse e quelle definitive, le dovute modifiche che daranno le informazioni guida al fine di una corretta costruzione delle definitive. Particolare considerazione va data, in previsione di questa tipologia di protesi, ai casi che presentano un sorriso gengivale (gumsmile).
In queste condizioni il margine apicale del corpo protesico presenterà la linea di confine tra corpo protesico stesso e la porzione biologica e che rappresenta il punto dove, in casi di sorriso gengivale, può verificarsi un problema estetico proprio perchè questa linea risulterà altamente visibile durante l’eloquio ed il sorriso del paziente.
Un eventuale soluzione al problema può essere data da una modellazione dei tessuti duri durante l’intervento che, nel caso delle riabilitazioni superiori, richiederanno una osteotomia a spese dell’altezza della cresta. La porzione ossea anteriore verrà quindi ridotta e posizionata in senso apicale così da nascondere, al di sotto del labbro, l’antiestetica linea di unione delle parti protesico-biologiche.
Questa soluzione richiederà comunque uno studio preventivo sulla TAC che ci informerà sulla quantità di tessuto duro disponibile (foto 5) assicurandoci che, una volta eseguita l’osteotomia, sarà ancora idoneo ad ospitare un impianto di buone dimensioni in lunghezza e diametro atto a ben sostenere con una adeguata stabilità primaria il tipo di protesi considerata.
Nei casi in cui non sarà possibile il descritto intervento di riduzione ossea, ci si affiderà alla realizzazione di una flangia protesica quanto più con un profilo continuativo e con un colore simile a quello del tessuto gengivale presente (foto 6).
Malgrado tutto possiamo andare incontro ad una antiestetica esposizione delle componenti metalliche implantari. Si necessita in questo caso di un’attenta analisi del biotipo gengivale che concorrerà a valutare l’estetica del futuro lavoro.
Il tessuto gengivale è soggetto a reazione quando le condizioni vengono alterate. Come nei casi delle recessioni da lesione a livello cervicale o delle retrazioni del tessuto marginale attorno ad un seppur ben eseguito bordo protesico di una corona, si è notato che la stabilità dei tessuti molli prossimi alla parte coronale degli impianti è soggetta più o meno ad una migrazione in direzione apicale a seconda che il biotipo gengivale presente sia spesso o sottile.
Dunque l’analisi del biotipo gengivale va considerata per valutare il grado di estensione delle possibili recessioni e, quindi, il mascheramento che riusciremo ad ottenere attorno ai componenti abutment i quali presenteranno diverse altezze trasmucose, saranno dritti od anche angolati per riorientare l’asse degli impianti inclinati (tecnica PAD). Nei casi di abutment esposti, la ricopertura di questi da parte delle flange protesiche non può essere esasperata per non complicare le manovre di igiene e, quindi, parte del metallo rimarrà inevitabilmente visibile (foto 7).
In base a ciò si potrà valutare quanto gli elementi suddetti potranno essere mascherati o no dal labbro e quanto potranno influenzare, a causa del difetto mucoso, il risultato estetico a livello della giunzione protesico-gengivale.
Valutazione dei riferimenti anatomici quali posizioni del foro mentoniero e pareti anteriori dei seni mascellari
La protesi postestrattiva a carico immediato con impianti inclinati è scelta soprattutto in quei casi dove le atrofie sia dell’osso mandibolare che dell’osso mascellare non permettono un immediato posizionamento degli impianti nelle zone posteriori edentule a causa di una marcata riduzione ossea (foto 8), o dove si scelga o non si abbia la possibilità di intervenire con le più indaginose rigenerazioni ossee. Si considera in questo caso l’inserimento degli impianti inclinati con assi divergenti mesio-distalmente in posizione mesiale ai fori mentonieri ed alle porzioni di osso anteriori alle pareti dei seni mascellari, al fine di ridurre i bracci di leva nelle estensioni distali delle protesi stesse.
Va in questo contesto valutato il grado di atrofia dell’osso mandibolare e l’espansione dei seni. Le porzioni di osso residuo sovrastanti le emergenze delle innervazioni mandibolari e quelle coronali ai pavimenti dei seni mascellari influenzeranno con il loro spessore verticale l’emergenza delle piattaforme implantari, le quali risulteranno in posizione tanto più mesiale quanto più ridotta sarà la quantità di questa porzione di osso (foto 9).
Nel progetto di tali riabilitazioni vanno dunque considerati cantilever in posizione tanto più mesiali quanto più sarà presente l’entità delle atrofie ossee mandibolari, l’espansione dei seni con la contrazione delle creste mascellari e la conseguente più mesiale posizione della piattaforma implantare. Questo influenzerà l’estensione dei tavolati occlusali in quanto una più mesiale emergenza mucosa dell’impianto porterà al montaggio di un elemento in meno o, al limite, alla presenza di un molare al posto di un secondo premolare (foto 10).
Il posizionamento e la risultante inclinazione degli impianti nei tre piani dello spazio conseguente alle atrofie ossee
I riassorbimenti ossei periradicolari, sia verticali che orizzontali, possono presentarsi per un lungo permanere di reazioni infiammatorie ed infettive o per la notevole mobilità degli elementi dentali conseguente ad importanti malattie parodontali precedenti alle terapie implantoprotesiche.
Questo è un problema che va di certo considerato a partire dalle indagini radiologiche tridimensionali (foto 11 a, b, c).
Malgrado tutto il clinico, durante le fasi operatorie, si troverà ad affrontare queste realtà e, pur avendo eseguito un progetto preliminare, dovrà risolvere diverse problematiche non senza una certa difficoltà. La protesi postestrattiva a carico immediato necessita di una fondamentale stabilità primaria da ottenere con impianti di una certa lunghezza che dovranno essere ritenuti in uno scenario osseo di densità idonea. Le aree dove si è verificato un riassorbimento osseo influenzeranno il posizionamento dell’impianto e dunque, per ottenere una stabilità sufficiente, l’impianto dovrà necessariamente essere di lunghezza appropriata.
Richiederà un inserimento che sarà influenzato da una cresta con una lacuna ossea e risulterà, inoltre, spesso in posizione inclinata o ravvicinato a quello attiguo per potere andare ad ancorarsi in un più lungo tragitto endoosseo. Risolto questo problema ed ottenuta ove possibile una stabilità adeguata (in caso contrario si dovrà attendere una corretta osteointegrazione con un conseguente carico ritardato al fine del successo della riabilitazione stessa), si dovrà analizzare la posizione dell’impianto, il più delle volte anomala rispetto ad un inserimento perpendicolare alla cresta in senso mesio-distale, e valutare la corretta distribuzione dei carichi associata al posizionamento degli impianti attigui. Si valuterà anche l’emergenza dell’abutment che sarà senz’altro influenzata dall’anomalo posizionamento dell’impianto prossimo alla lacuna ossea crestale e dunque potrebbe presentarsi in posizione anomala anch’esso. Si noti nella foto 12 la lacuna ossea ed il conseguente posizionamento dell’impianto in posizione più mesiale. In questo contesto si cercherà di rispettare il più possiblile i protocolli per la canonica distanza tra gli impianti.
Analisi dei profili e delle inclinazioni ossee
Un’attenta analisi delle sezioni radiografiche dei processi alveolari e dei profili ossei identificherà la forma e l’inclinazione dell’osso e darà indicazioni dello scenario che si presenterà in fase postestrattiva. Estratti gli elementi dentali si necessiterà spesso di un’osteotomia per la modellazione delle creste alveolari in modo da eliminare quelle troppo sottili lamine di osso coronali che ci impediranno, se non rimosse, di avere un contorno di osso di non idoneo spessore nella porzione coronale dell’impianto. Dopo questa preparazione la porzione di osso residuo sarà quella in cui andremo a posizionare gli impianti e del quale, con un adeguato progetto preliminare tramite la tac, avremo previsto i volumi e le inclinazioni.
Soprattutto nelle arcate superiori si evidenzieranno spesso inclinazioni dell’osso con orientamento palatino-vestibolare.
Si necessiterà, al fine della stabilità primaria, l’inserimento dell’impianto il più possibile nella lunghezza verticale dell’osso ed in posizione centrale tra le corticali vestibolare e palatina nelle quali si impegnerà. In questi casi la posizione dell’impianto potrebbe determinare, con la sua inclinazione, un’emergenza delle componenti vestibolarizzata ed antiestetica (foto 13 e 14).
Questo problema sarà in parte risolvibile con l’uso delle componenti P.A.D. con le loro diverse inclinazioni (foto 15), che però potrebbero non essere sufficienti a ristabilire una adeguata situazione proprio nei casi di impianti fortemente inclinati in senso buccale.
Si richiederà, allora, la realizzazione di strutture primarie e secondarie al fine di riportare i fori passanti delle viti di serraggio in posizione non visibile (foto16a, b, c, foto 17a, b, c) ma, considerando il costo di queste strutture, ci si allontanerà dall’obiettivo ricercato da questa tipologia di protesi che spesso vuole essere anche una riabilitazione economicamente accessibile alla maggior parte dei nostri pazienti.
Costruzione dei porta impronte individuali in base alle valutazioni della chiusura in centrica funzionale o abituale
In questi tipo di riabilitazioni la presa dell’impronta registra la posizione spaziale degli impianti tra loro e la rapporta ai modelli su cui è già stato impostato il provvisorio in laboratorio.
In questo contesto si andranno a registrare anche rapporti tra le arcate sia in senso orizzontale che in quello verticale. Ciò è di notevole importanza per perseguire l’obiettivo di una protesi provvisoria che abbia, alla consegna, un buon margine di precisione ed integrazione nei suoi rapporti con i tessuti molli e con l’antagonista, richieda poco tempo per l’adattamento e sia già da ora confortevole per il paziente provato per la perdita dei suoi denti e per la durata dell’intervento stesso.
La pratica ci ha portato a programmare diversi tipi di porta impronte individuali con le varianti per il fissaggio dei transfer o cannule protesiche, a seconda della possibilità di avere una chiusura in centrica che sia ripetibile con facilità o meno da parte del paziente. Dunque, nel progettare i porta impronte individuali occorre tener conto delle informazioni ottenute durante le visite precedenti al trattamento e dettate dalle nostre esperienze sulle diverse condizioni che possono facilitarci o meno quando si eseguono questi passaggi se:

- il paziente sarà portato a chiudere in modo funzionale o da abitudini viziate;
- l’impronta si esegue verso la fine dell’intervento per cui potrebbe presentarsi la difficoltà nel ripetere la corretta chiusura per stanchezza;
- esiste la difficoltà nel ripetere la corretta chiusura per l’influenza dell’anestesia o della sedazione cosciente.

Consideriamo l’ipotesi di un paziente che alla fine dell’intervento conservi la capacità di tornare e ripetere una corretta chiusura in centrica. In questo caso durante la fase di programmazione nel laboratorio odontotecnico si saranno montati in articolatore i modelli dentati di partenza e da questi, una volta rimossi i denti che verranno estratti, si eseguirà un montaggio preliminare modificando dove necessario i rapporti verticali e programmando una migliore estetica.
Si costruirà poi il porta impronte con una sorta di morso occlusale ottenendo dei reperi dove fare ricollocare i denti antagonisti nella giusta posizione, sia in senso verticale che in quello orizzontale, nella fase di impronta registrazione (foto 18 e 19).
Questa metodica ci permetterà di fissare nel cavo orale le cannule od i transfer tra loro e con il portaimpronta stesso al fine di rilevare una buona impronta e trasmettere una fedele posizione di tutte le componenti per il corretto rimontaggio (foto 20 e 21).
L’accurata descrizione di questi passaggi esula, essendo essa una fase intraoperatoria, dal tema di questo lavoro e richiederebbe spazio in un altro contesto, ma possiamo comunque affermare che grazie a questi si potrà ottenere un provvisorio che conserverà le giuste posizioni e potrà essere consegnato senza sottoporre il paziente, ormai stanco, a lunghi adattamenti.
Nei casi in cui invece si presenti la difficoltà da parte del paziente di trovare o ripetere la corretta chiusura per i motivi sopra elencati, possiamo considerare la tecnica della costruzione di placche di trasferimento in resina da riposizionare sul modello unico e descritta in modo completo dagli ideatori (si veda NumeriUno nr. 8 settembre 2010).
Conclusioni
Le protesi implantari post estrattive a carico immediato si stanno dimostrando riabilitazioni valide sia sotto il profilo funzionale che di durata, evitano lunghi tempi di attesa e permettono di dare celermente al paziente confort, estetica e fiducia nei suoi rapporti con gli altri. Il loro successo e anche determinato da un impegno economico che si dimostra, rispettando i canoni di una buona esecuzione della riabilitazione, accessibile a gran parte dei pazienti.
A questo proposito sia i piani chirurgici che la realizzazione della parte protesica devono rientrare in determinati parametri.
Programmare i passaggi con un giusto e razionale protocollo preliminare ed una giusta analisi dei fattori fondamentali nella fase di progettazione prechirurgica delle protesi postestrattive a carico immediato, concorre al conseguimento di questi fini che guideranno ad una appropriata riabilitazione con la piena soddisfazione dei nostri pazienti (foto 22 e 23).
Si ringrazia il Sig. Roberto Cerrato per il valido contributo odontotecnico.
Approfondimenti:
Implantologia a carico immediato

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