SONO UN PROFESSIONISTA IN ODONTOIATRIA

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SONO UN OPERATORE DELL’INDUSTRIA MECCANICA

La tecnica di preservazione dell?alveolo post-estrattivo nella sostituzione del dente singolo in zone ad alta valenza estetica

Sisti A., Mottola M., Mottola P.

CASE REPORT
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Sisti A.

Nato nel 1964, laureato in Odontoiatria e Protesi Dentaria con lode presso l’università di Parma nel 1988.
Dopo aver frequentato corsi post universitari annuali del dott. S. Patroni in conservativa e in protesi, del dott. A. Castellucci in endodonzia, del dott. P. Cortellini in parodontologia, dei dottori Bruschi, Scipioni, Calesini in implantologia e implanto-protesi si dedica all’implantologia. Frequenta stages presso gli studi del dott. C. Tinti, del prof. M. Simion, del dott. A. Baruffaldi e del èrof. Khoury. Esercita la libera professione in Piacenza e collabora presso colleghi occupandosi esclusivamente di implantologia e chirurgia orale.
Relatore in corsi, conferenze e congressi in Italia e all’estero in campo implantare dal 2003. Partecipa a progetti di sviluppo di materiali implantologici. Socio attivo di SICOI e CAI ACADEMY e socio SIO. Coautore del libro: “Rimodellamento osseo perimplantare” Quintessenza 2011. Coautore di numerosi articoli su riviste internazionali. Docente a Corsi di Chirurgia Avanzata su cadavere presso l’Università Parigi V dal 2007. Docente a corsi Master Universitari in Implantologia in diversi atenei italiani.

Mottola M.

Nata nel 1977, laureata in Odontoiatria e Protesi Dentaria con lode presso l’università di Torino nel 2003. Nel 2003 ha collaborato presso la Clinica Odontostomatologica, reparto di protesi e chirurgia diretto dal prof. G. Preti, Ospedale Molinette di Torino. Ha frequentato corsi post-universitari di endodonzia con il prof. Berutti, di conservativa con il dott. R. Spreafico, di protesi fissa e implantoprotesi con il dott. S. Patroni e con il dott. I. Loi (corsi annuali), di chirurgia implantare con il prof. C. Tinti, con il prof. M. Simion, di parodontologia con la dr.ssa Z. Majzoub, il prof. M. DeSanctis e il prof. G. Zucchelli (corsi annuali). Ha frequentato corsi annuali di Anatomia Chirurgica e di Tecniche Avanzate in Implatologia presso l’Istituto di Anatomia dell’Università di Vienna, prof. M. Tschabitscher e del prof. M. La Banca; nonché il Laboratorio di anatomia Università di Parigi Descartes V, prof. J-F. Gaudy. Esercita la libera professione in Novara, in Piacenza dedicandosi quasi esclusivamente alle riabilitazioni implato-protesiche e alla parodontologia. Tiene corsi di aggiornamento in materia implantare organizzati dall’ANDI e da aziende leader e partecipa a progetti di sviluppo di materiali implantologici. Socio attivo di SICOI e CAI ACADEMY.

Mottola P.

Nato il 28 Marzo del 1975 ha conseguito la maturità odontotecnica presso l’istituto IPSIA di Vercelli nel 1994 , titolare di laboratorio dal 1998. Ha Frequentato i seguenti corsi: 1998 Tecnica di stratificazione della ceramica con Gennaro Narducci; 2003 Corso avanzato su IPS EMPRESS/2 ceramica stratificata nel 2003, con Oscar Raffeiner; 2003 e 2004 Master biennale in Anatomia Coronale con Lanfranco Santocchi; 2005 Stratificazione delle faccette in ceramica pressata tecnica cut-back con Gennaro Narducci e Luca Vaillati; 2006 corsi su restauri in porcellana con tecnica conservativa con Willy Geller; dal 2006 odontotecnico ufficiale ai corsi di implanto-protesi tenuti dal dott. Angelo Sisti e dal dott. Stefano Conti; 2008 Corso teoricopratico di Protesi Fissa B.O.P.T (Biological Oriented Preparation Tecnique ) tenuto dal dott. Ignazio Loi e Antonello di Felice; 2008 corso sui concetti di estetica e stratificazione individualizzata della ceramica con Antonello di Felice; 2008 tecnologie 3M ESPE Lava con Antonello Di Felice; 2009 corso avanzato sulla tecnica B.O.P.T dott. Ignazio Loi e Antonello di Felice; 2009 corsi con su Materiali e metodi per un risultato estetico predicibile, con il prof. Gerard J.Chiche; dal 2010 si occupa di chirurgia computer guidata, carico immediato con sistematiche EXpertease e Navigator e protesizzazioni definitive con sistematiche CAD CAM. Attualmente collabora con il dott. Angelo Sisti e la dott.ssa Maria Pia Mottola svolgendo il proprio lavoro tra Novara e Piacenza.

Il motivo di queste complicazioni è l’inevitabile contrazione dei volumi tissutali che segue l’avulsione di un elemento dentario, la cui entità e velocità non sono prevedibili e sono legate a diversi fattori tra i quali: l’anatomia della radice e dell’alveolo, la natura della lesione che coinvolge l’alveolo, la tecnica di avulsione, il trattamento del sito postestrattivo, il tipo di protesi provvisoria. Per contrastare questo fenomeno e ottenere risultati estetici più efficaci sono state proposte diverse tecniche che prevedono l’uso di biomateriali, membrane/barriere o impianti. Recentemente sono state indagate approfonditamente le tecniche di posizionamento di impianti post-estrattivi immediati e differiti allo scopo di valutarne l’utilità nella preservazione delle pareti degli alveoli e nel raggiungimento del
risultato estetico.
OBIETTIVI

Solo una minoranza degli alveoli postestattivi viene gestita in modo razionale per minimizzare gli effetti negativi del riassorbimento delle pareti alveolari; quindi viene proposta una strategia sinergica chirurgica, per inserire impianti nei siti post-estrattivi finalizzata a semplificare il raggiungimento del successo estetica e protesico nella più ampia gamma di situazioni che il clinico è chiamato a risolvere non solo con impianti ma anche con protesi fisse convenzionali.
METODI

Il metodo proposto prevede l’inserimento implantare differito a 8-12 settimane dall’avulsione per ottenere la guarigione dei tessuti molli e la risoluzione di ogni processo infettivo-infiammatorio dell’ alveolo e delle gengive.
La mucosa sarà competente al di sopra del sito che è stato riempito con idrossiapatite riassorbibile sintetica in granuli (SINTlife Finceramica Faenza).
Il sito inoltre è condizionato e stabilizzato nelle fasi di guarigione pre e post inserimento implantare da un provvisorio opportunamente costruito.
A nostro modo di vedere, l’approccio con impianti post-estrattivi immediati nei siti estetici non è pienamente indicato, seppure siano spesso descritti, perché mostra evidenti limiti nella possibilità di valutare nella fase di programmazione preoperatoria il grado di infezione del sito implantare, il livello della parete alveolare vestibolare, l’integrità delle pareti e l’esito delle manovre di avulsione sulle pareti stesse.
Inoltre in letteratura si riscontra un’elevata disomogeneità tra le tecniche proposte nel tipo di accesso (flap-less o con lembi), nel grado di compromissione dell’alveolo post-estrattivo che controindica l’inserimento immediato, nell’intervallo di tempo intercorso tra l’estrazione e l’inserimento implantare (per alcuni AA è considerato immediato un impianto inserito anche dopo 10 giorni), nella posizione dell’impianto (ingaggio palatino, 2-3mm sottocresta, etc.), nell’entità del riassorbimento crestale riscontrato nei controlli a distanza.
Queste considerazioni ci portano a scegliere un approccio differito che a fronte di un modesto allungamento dei tempi della riabilitazione permette un risultato più sicuro e predicibile.
TECNICA DI AVULSIONE

Se la prognosi di un dente è infausta la sua avulsione non deve essere inutilmente procrastinata. Qualora sia indicata la sostituzione del dente con un impianto o con un ponte convenzionale occorre finalizzare tutte le manovre estrattive alla preservazione dei tessuti duri e molli.
Nei settori estetici le radici dentarie presentano corticali vestibolari molto sottili, talvolta assenti in zone estese che esitano in fenestrazioni o deiscenze, difficilmente diagnosticabili in fase preoperatoria con esami TC, anche in siti apparentemente integri e non infetti (Figure 1 e 2).
Queste lacune ossee complicano l’approccio post-estrattivo immediato per la necessità di elevare lembi a spessore totale che inducono un riassorbimento crestale più marcato e una guarigione meno estetica dei tessuti molli causata dallo slivellamento della giunzione mucogengivale.
Prescritta la profilassi antibiotica, il metodo da noi privilegiato prevede inizialmente la sindesmotomia profonda: non vengono mai elevati lembi. L’uso attento di leve sottili, di apparecchi piezoelettrici e di pinze usate senza rotazioni della radice permette di sfilare la radice senza fratturare le pareti dell’alveolo.
Talvolta, se i denti sono scoronati con radici curve o con sezione a “8” si procede con una fresa a fessura a delineare secondo l’asse lungo della radice due tagli che si incrociano a 90°. In un secondo momento si fanno collassare verso l’interno i frammenti radicolari che vengono estratti senza ledere le pareti ossee (Figura 3).
Dopo aver estratto l’elemento dentario si procede alla toletta accurata di tutti i residui di tessuti molli dell’alveolo con curette da osso affilate.
È dimostrato che la presenza o meno del legamento alveolare non modifica il tipo di guarigione del sito post-estrattivo ma clinicamente in caso di avulsioni di radici con infezioni parodontali, endodontiche o con fratture verticali è impossibile distinguere il legamento parodontale dal tessuto di granulazione o dal tessuto connettivale infetto che deve essere rimosso totalmente.
Questa fase permette inoltre di valutare l’integrità delle pareti e di mappare l’alveolo per identificare deiscenze, fenestrazioni e il livello della cresta ossea.
Le radiografie, molto efficaci per determinare i picchi ossei interprossimali, non permettono un’altrettanto agevole determinazione dei livelli vestibolari e palatali.
Laddove le pareti dell’alveolo siano assenti, o andate distrutte, l’azione della curette sulle pareti molli diviene delicata mentre queste ultime vengono sostenute dall’appoggio di un dito.
La pulizia dell’alveolo termina con la disepitelizzazione della sua porzione coronale interna costituita dal margine gengivale libero con frese diamantate a fiamma.
TRATTAMENTO DELL'ALVEOLO POSTESTRATTIVO

Nei casi ad alta valenza estetica anche in caso di pareti integre preferiamo non inserire immediatamente l’impianto in quanto la sua posizione diventa più condizionata dall’anatomia dell’alveolo, dal reperimento della stabilità primaria, dal rispetto della parete vestibolare e dal compenso del riassorbimento della cresta che da un inserimento protesicamente guidato. In ogni caso l’inserimento immediato di un impianto non previene il riassorbimento del processo alveolare ma al contrario se non correttamente eseguito lo incrementa. All’interno dell’alveolo vengono inseriti granuli di idrossiapatite riassorbilbie sintetica (Sintlife ø600-900 μm - Finceramica Faenza) bagnati con fisiologica o sangue.
Il materiale da riempimento viene zeppato delicatamente con garza sterile per assorbire il liquido in eccesso (Figure 4 e 5).
Il riempimento dell’alveolo procede fino a 2-3 mm dal margine gengivale libero anche nei casi in cui il livello osseo è più apicale o le pareti non sono integre.
Lo scopo di questa manovra è duplice: prevenire il collasso dei tessuti molli e contrastare il riassorbimento osseo.
Utilizziamo un materiale osteopromotore per mantenere il volume del coagulo, stabilizzarlo, accelerare i meccanismi di neoformazione ossea nell’alveolo.
In ogni caso la formazione di nuclei multipli di osso neoformato, identificabili dentro i granuli di biomateriale, previene la migrazione di cellule connettivali nell’alveolo e garantisce un minore riassorbimento delle pareti ossee se sono integre, mentre dove queste sono assenti sostiene i tessuti molli dando loro la possibilità mantenere una morfologia più favorevole nel caso occorrano tecniche rigenerative quando verrà inserito l’impianto.
Sopra al biomateriale innestato viene applicato un foglio di collagene (Gingistat Vebas o similare Hammacher Sweden & Martina) allo scopo di evitare la dispersione dei granuli fuori dall’alveolo e di velocizzare la riepitelizzazione sopra al coagulo. Il foglio, che non ha funzione di una membrana, viene stabilizzato con un punto a materassaio esterno incrociato lasciato lasso per non fare collabire i tessuti molli (Figure 6 e 7).
Per semplificare la sua rimozione si ha l’accortezza di lasciare il nodo in una zona che non verrà coperta dal provvisorio splintato.
Il materiale innestato nelle settimane successive viene sostituito da nuovo osso nelle porzioni infrarossee dell’alveolo.
Non sono mai state osservate reazioni da corpo estraneo o infezioni del sito e conseguente perdita del materiale negli alveoli se accuratamente gestiti.
Talvolta i pazienti segnalano la perdita nel cavo orale di granuli di materiale, ma questo fenomeno, limitato alla porzione più superficiale dell’innesto, è irrilevante ai fini del risultato ed è conseguenza di un riempimento eccessivo del sito.
La seduta dell’avulsione si conclude, ogni qualvolta sia possibile, con l’applicazione di un provvisorio fisso immediato costruito su impronte rilevate precedentemente.
L’effetto dei provvisori immediati così concepiti è di mantenere la morfologia dei tessuti molli come si presentano al momento dell’avulsione.
INSERIMENTO IMPLANTARE

Dopo 8-12 settimane si procede all’inserimento dell’impianto. Durante questo intervallo si procede alla fabbricazione della mascherina diagnostico-chirurgica che
viene utilizzata per un’indagine radiologica preoperatoria (periapicale, OPT, TC) eseguita in un momento il più vicino possibile al giorno della chirurgia. Il sito avrà i tessuti molli guariti, parzialmente maturi, totalmente competenti sopra all’alveolo senza slivellamenti della linea muco-gengivale e senza il loro collasso nell’alveolo. Sul versante dei tessuti duri troveremo un tessuto osteoide che sta rimaneggiando e sostituendo i granuli di biomateriale con un grado avanzato di mineralizzazione (Figura 8).
Clinicamente si possono identificare due situazioni che prevedono approcci diversi:
alveoli che avevano pareti integre al momento dell’estrazione e alveoli che all’esame post-estrattivo mostravano porzioni distrutte o assenti anche estese.Nel primo caso dopo avere smontato il provvisorio si procede con l’allestimento di un lembo minimale a preservazione di papille senza scarichi vestibolari.
È possibile anche un inserimento flap-less o dopo l’uso di un mucotomo circolare.
In ogni caso la mascherina chirurgica guiderà l’inserimento dopo che è stata verificata la compatibilità della situazione anatomica con la posizione implantare prevista.
Si inserisce l’impianto utilizzando la guida chirurgica e dopo avere suturato il lembo se eseguito, si riapplica il provvisorio preesistente. La morfologia dei tessuti molli come erano prima dell’avulsione viene così conservata. Per accentuare i vantaggi di questa tecnica si può rilevare un indice intraoperatorio dell’impianto per la costruzione di un provvisorio da applicare all’impianto il giorno della seconda chirurgia. Nel caso di pareti alveolari assenti sarà l’entità del difetto e la tecnica rigenerativa idonea a guidare la scelta del tipo di lembo da eseguire. Nel caso di voluminose ricostruzioni parte del vantaggio di avere i tessuti già condizionati e modellati viene perso. Al momento di chiudere con un lembo passivo e senza tensioni sopra al sito implantare avremo però una quantità di mucosa cheratinizzata superiore e meglio conformata rispetto a siti non correttamente gestiti in fase post-estrattiva che guariscono con elevati spessori di tessuto fibroso e introflessioni delle gengive degli alveoli deiscenti. Per quanto riguarda i tessuti duri l’alveolo sarà meno riassorbito e nella componente infraossea non troviamo connettivo fibroso denso ma tessuto osteoide. Questi riscontri anatomici semplificano la fase di inserimento dell’impianto e le tecniche ricostruttive. Alla fine della fase chirurgica viene riapplicato il provvisorio che deve essere scaricato abbondantemente se si adottano membrane non riassorbibili.
RISULTATI/CONCLUSIONI

Un controllo dei siti trattati con questa tecnica di preservazione crestale con esami TCV, post-estrattivi e a distanza di 8-10 settimane, ha evidenziato sulle cross-sections e sulle assiali la totale stabilità volumetrica delle corticali laddove queste erano integre.
Negli alveoli con pareti vestibolari assenti si è verificata in alcuni casi una neoformazione di tessuto osseo anche oltre la componente space-making del difetto quasi a riformare la bozza radicolare persa ma questo fenomeno non è predicibile (Figure 9, 10 e 11).
Questo fenomeno è stato osservato sulle sezioni di TCV e in alcuni casi anche fotograficamente dopo l’elevazione di un lembo.
In nessun caso è stata riscontrata una neoformazione coronale oltre il livello dei picchi ossei dei denti adiacenti.
Nei casi di alveoli con pareti integre si è osservata la stabilità delle papille e del profilo vestibolare gengivale, grazie anche all’uso dei provvisori, dal momento dell’estrazione fino ai controlli delle corone definitive (Figure 12, 13 e 14).
L’approccio in più fasi sebbene appaia più lento rispetto alle tecniche post-estrattive immediate e con carico immediato ha il vantaggio di poter controllare ed eventualmente correggere variazioni dei volumi tissutali che sono imprevedibili e possono compromettere il risultato estetico. In ogni caso questo metodo standardizzato di gestione dei tessuti non allunga in modo eccessivo i tempi della riabilitazione perché soprattutto la fase di condizionamento dei tessuti molli viene accorciata e si sovrappone ai tempi di guarigione dei tessuti duri.
Si ringrazia Odt. Paolo Mottola per la realizzazione dei provvisori.
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Approfondimenti:
Implantologia a carico immediato

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