Scientifica implantologia

Numeri Uno 22; 2015, 29-31

Numeri Uno, 2013, 17:14-17

Numeri Uno, 2014; 20: 20-21

Scopo del case report è di presentare un risultato clinico riguardante una nuova morfologia di impianto. Le caratteristiche di questa nuova sistematica implantare la differenziano dalle altre soprattutto per il posizionamento decisamente extracrestale della connessione abutment-impianto e per la morfologia del complesso abutment-collo implantare con finitura ad area verticale.
La guarigione transmucosa dell’impianto permette di evitare un secondo intervento chirurgico di scopertura dell’impianto.
I tessuti mucosi perimplantari guariscono attorno alla superficie di titanio macchinata del collo implantare, questi non devono più essere sollecitati durante le varie fasi protesiche, permettendo di eliminare quella quota di modifica del margine osseo e dei tessuti mucosi dovuti ai continui passaggi di avvitamento e svitamento delle componenti protesiche.
Spostando inoltre il gap impianto abutment lontano dalla cresta ossea merginale si elimina il riassorbimento osseo perimplantare che sempre avviene nelle metodiche implantari dove questo gap è in corrispondenza del margine osseo.
La finitura ad area verticale del complesso abutment-collo implantare permette di utilizzare la morfologia di emergenza della corona protesica per guidare i tessuti molli e conformarli alla propria anatomia. Inoltre, l’effetto ferula che si riesce ad ottenere coinvolgento con la corona protesica non solo l’abutment ma anche il collo dell’impianto, ridurrebbe la possibilità di avere delle complicanze biomeccaniche come l’allentamento o la frattura della vite monconale.
Il risultato clinico è apparso positivo sia dal punto di vista funzionale che per quanto riguarda l’integrazione della corona protesica con i tessuti circostanti.

NumeriUno, 1: 6-7, 2008

Le esigenze estetiche contemporanee impongono al clinico una immediata riabilitazione in caso di estrazione nei settori antero-superiori. In questi casi, il trattamento implantare risulta oggi una valida alternativa alla protesi fissa tradizionale poichè non comporta la preparazione dei denti prossimali al sito edentulo, risultando quindi più conservativo. Inoltre i protocolli di carico immediato hanno ribaltato il dogma di Brånemark, secondo il quale era imperativo un periodo di guarigione sommersa di almeno 6 mesi per gli impianti inseriti in osso di tipo D3 o D4 (settori anterosuperiori). Numerosi studi hanno dimostrato che il carico immediato ha validità clinica e predicibilità a lungo termine per la sostituzione del dente singolo, e su queste evidenze si basa il caso clinico presentato in questo articolo, che illustra la terapia implantare di una frattura verticale ad etiologia traumatica di un elemento contestualmente all’estrazione microinvasiva del dente, effettuata cercando di salvaguardare il più possibile la corticale vestibolare e i picchi ossei mesiali e distali. Per un migliore risultato estetico finale, si è proceduto alla preparazione del tunnel implantare atto all’inserimento di un impianto Global Ø 5.50 mm e l. 13mm, affondandolo di 3 mm nell’osso basale con un torque di 42 Ncm ed colmando la jumping distance con
matrice bovina mista a collagene. L’uso alternato di frese ed osteotomi ha permesso il mantenimento della bozza vestibolare ed evitato la creazione di fenestrazioni o difetti ossei. Si è deciso di effettuare una protesizzazione con una corona provvisoria entro le 24 h con tecnica diretta utilizzando il concetto restaurativo di Platform Switching, avvitando all’impianto un un pilastro definitivo di diametro 3.8 mm. La paziente è stata rivalutata dopo 12 mesi per controllare lo stato di guarigione dei tessuti molli e dell’osso ed è stata monitorata per oltre un anno. I controlli sia clinici che radiologici non hanno evidenziato alcun tipo di recessione gengivale o di minus estetico. L’altezza delle papille e del margine gengivale sia vestibolare che orale sono rimaste costanti. Si è potuto notare, anzi, un incremento della papilla distale
tra la consegna del definitivo e il follow up a 12 mesi. I parametri parodontali hanno evidenziato assenza di sanguinamento al sondaggio e sondaggio sempre inferiore a 3mm. Dal punto di vista radiologico, si è notato un riassorbimento osseo minimale anche dopo 12 mesi di follow-up. La superficie ZirTi presente lungo tutta la lunghezza dell’impianto e il micro-grooving coronale (microscanalature nella zona coronale del corpo dell’impianto) sembrerebbero influire nel mantenimento osseo. Il risultato estetico si è rivelato quindi prevedibile e costante nel tempo. La tecnica chirurgica e protesica elementare rendono la metodica facilmente riproducibile.
Sia le qualità micromeccaniche (superficie ZirTi) che macromeccaniche dell’impianto Global hanno reso possibile la resistenza ai micromovimenti, assolutamente deleteri per la creazione e il mantenimento stabile dell’interfaccia osso-impianto a lungo termine rendendo possibile il carico definitivo a 2 mesi dall’inserimento dello stesso. L’intercettamento precoce della frattura, la presenza di un biotipo gengivale spesso, la morfologia della piattaforma implantare e l’uso del concetto protesico del Platform Switching, l’utilizzo di un moncone definitivo sin dal primo giorno di carico sono state condizioni importantissime per il mantenimento a lungo termine dell’architettura ossea e gengivale e conseguentemente dell’estetica.

Numeri Uno 2014; 01: 20-21

RIGENERAZIONE OSSEA E GENGIVALE CON IMPIANTI POST-ESTRATTIVI IMMEDIATI

La percezione del successo in implantologia non coincide necessariamente con i concetti tecnici implicati, ma in certe occasioni questa concezione va combinata con le aspettative e i desideri del paziente. Il caso che si mostra di seguito è quello di una paziente che desidera riabilitare con impianti il suo settore frontale inferiore, colpito da una patologia periapicale importante, anche se la sua maggiore preoccupazione era non ripetere l’esperienza di alcuni impianti che le erano stati collocati molti anni prima e che, sebbene mantenessero una buona funzionalità, mostravano un’estetica poco gradevole derivata dall’esposizione del metallo nei margini gengivali. Considerando che il caso presenta una recessione importante a livello dei canini, la sfida professionale- in aggiunta alla ovvia funzionalità – si concentra nel riuscire a raggiungere un profilo di emergenza omogeneo nel futuro restauro supportato da impianti.
Si effettuano le estrazioni e si procede al curettaggio minuzioso dei siti estrattivi e dei difetti ossei risultanti dalla patologia infettiva.
Si collocano tre impianti Outlink2 con connessione esterna della ditta Sweden & Martina di lunghezza 13 mm e 4,10 mm di diametro 8.
Si procede con il riempimento delle discrepanze implanto-alveolari e dei difetti ossei concomitanti, attraverso un inserto di materiale alloplastico particolato e si copre tutto con membrane di collagene riassorbibile. Allo stesso modo si compensano le zone di recessione gengivale con una matrice dermica che si sutura insieme alla membrana e al lembo riposizionato coronalmente. Dopo 3 mesi di attesa per raggiungere una maturazione accettabile dei tessuti, si colloca una protesi
avvitata in ceramica, con dei profili di emergenza gengivali che – fortunatamente- hanno incontrato il gradimento della paziente .

Journal of Oral Implantology 2014;40:313-319

LESIONE IMPLANTARE ATTIVA PERIAPICALE: UN CASO CLINICO TRATTATO CON RIGENERAZIONE OSSEA GUIDATA CON 5 ANNI DI FOLLOW-UP CLINICO E RADIOGRAFICO

Numeri Uno, 19: 12-14, 2014

Introduzione: Il trattamento chirurgico ai fini implantari delle creste alveolari sottili è da sempre un difficile match anche per gli implantologi più esperti. Le molteplici tecniche chirurgiche proposte in letteratura potrebbero disorientare il clinico nella scelta della corretta tecnica chirurgica da applicare.
Le principali tecniche chirurgiche proposte in letteratura sono fondamentalmente divisibili in due grandi famiglie:
• Tecniche di Split Crest, con le quali si punta a dividere la cresta sottile presente in due parti da allargare, creando in tal modo un difetto osseo intraosseo delimitato dalle due corticali splittate.
• Tecniche Rigenerative, attraverso le quali si lascia intatta la cresta sottile residua e si aumenta lo spessore della cresta con l’apposizione di un innesto a blocco o particolato, protetto da una membrana o da una mesh in titanio.
Le due opzioni terapeutiche sono molto diverse, sebbene spesso pervengano a medesimi risultati clinici.
Descriviamo dunque il caso esplicativo di una cresta sottile bilaterale in posizione 12 e 22 non affrontabile con tecniche di Split Crest poiché troppo inclinata vestibolarmente ( “S “ shaped). Al fine di ottenere una inclinazione implantare esteticamente corretta, dobbiamo dunque effettuare una rigenerazione ossea orizzontale. Da anni nella nostra pratica clinica le mesh in titanio hanno sostituito con successo le membrane non riassorbibili rinforzate che utilizzavamo precedentemente. I vantaggi delle mesh, secondo la nostra esperienza, sono essenzialmente una più stabile e predicibile chiusura dei tessuti molli grazie all’ancoraggio di questi ultimi attraverso i microfori della mesh, una molto maggiore stabilità e robustezza dell’insieme mesh-impianti-vitine di stabilizzazione ed
una riduzione notevole delle esposizioni tardive rispetto alle membrane in Gore-tex.
Conclusioni: Ambedue le tecniche chirurgiche, purchè utilizzate entro lo specifico campo di indicazioni relative, hanno dimostrato alta predicibilità ed elevate percentuali di successo, dandoci la possibilità di risolvere con un unico intervento chirurgico casi clinici anche complessi e creste particolarmente difficili.
Entrambe le tecniche chirurgiche sono, a nostro parere, altamente operatore-dipendente e un corretto addestramento e un frequente esercizio clinico appaiono fondamentali al fine di ridurre l’incidenza delle complicanze.
Tra le diverse tecniche chirurgiche disponibili, la nostra scelta cadrà su tecniche di Split Crest ogni qualvolta sia possibile, al fine di sfruttare la grande capacità osteogenetica di due corticali splittate ed al fine di ridurre al massimo i costi e di evitare al paziente interventi di rientro.
Bisognerebbe, però, evitare di eseguire Split Crest nei seguenti casi:
• se la cresta da operare appare al Dentascan più sottile di 2,5 mm;
• se la cresta, indipendentemente dal proprio spessore, è formata solo da osso corticale (situazione molto frequente in mandibola);
• se la cresta residua possiede una inclinazione troppo vestibolarizzata (che verrebbe accentuata con lo split).
In tutte queste situazioni, la nostra scelta cadrà sulla ricostruzione ossea tridimensionale con mesh in titanio.
La tecnica ricostruttiva con mesh andrebbe comunque imparata e preparata anche ove si scegliesse di eseguire tecniche di Split Crest, visto che consente di concludere con successo l’intervento anche in caso di frattura massiva della corticale vestibolare durante manovre di split (rescue technique).
Scegliendo con cura la tecnica chirurgica maggiormente indicata per il singolo caso clinico da operare, è possibile risolvere in modo predicibile e con elevate percentuali di successo anche casi clinici particolarmente complessi.

Numeri Uno, 16: 6-9, 2013

Il trattamento implantoprotesico dei settori ad alta valenza estetica è particolarmente critico anche quando i volumi ossei post-estrattivi nelle loro dimensioni apico-coronale e bucco-linguale siano sostanzialmente conservati; infatti la “sola” perdita della prominenza radicolare e delle papille è sufficiente ad originare deficit anatomici che, se non adeguatamente compensati, influenzeranno negativamente l’esito della riabilitazione protesica. Nel corso delle ultime due decadi sono state sviluppate numerose tecniche chirurgiche rigenerative che permettono di correggere l’anatomia allo scopo di inserire impianti adeguati per dimensioni, locazione ed inclinazione; alcune di esse sono complesse e prevedono l’uso di membrane unitamente a biomateriali nonché fasi chirurgiche multiple per poter correggere le alterazioni dei tessuti muco-gengivali indotte dalle procedure rigenerative ossee. Inoltre per il trattamento di un singolo caso è spesso necessario assemblare tecniche diverse nate per risolvere singole parti del problema quali il deficit osseo, le dismorfie dei tessuti muco-gengivali, il posizionamento degli impianti o dei pontics ecc. L’approccio sistematico E.S.E., oggetto del presente case report, promuove il ripristino morfologico della cornice osteo-muco-gengivale peri-implantare (tessuti ossei e muco gengivali) attraverso una sola fase chirurgica; esso utilizza gli impianti, i pilastri ed i sovrastanti dispositivi protesici come determinanti della morfogenesi tissutale perimplantare.

Il Dentista Moderno, 7 (9): 121-126, 2003

Il Circolo, Rivista Periodica di Odontostomatologia, 1: 21-26, 2004