Scientifica implantologia

J Prosthodont. 2015 Oct 5. doi: 10.1111/jopr.12374. [Epub ahead of print]

RIGENERAZIONI SUPPORTATE DA IMPIANTO IN ZIRCONIO MONOLITICO AD ARCATA INTERA: UNA VALUTAZIONE CLINICA PILOTA DEL'USURA CONTRO DENTI NATURALI O IN COMPOSITO

La zirconia prodotta nei reparti Sweden & Martina e utilizzata nelle riabilitazioni implantoprotesiche ha dimostrato ottimi risultati in termini di limitata usura dell’antagonista, sia dente naturale che composito, dopo un anno di carico funzionale.

Numeri Uno, 2014; 20: 20-21

Scopo del case report è di presentare un risultato clinico riguardante una nuova morfologia di impianto. Le caratteristiche di questa nuova sistematica implantare la differenziano dalle altre soprattutto per il posizionamento decisamente extracrestale della connessione abutment-impianto e per la morfologia del complesso abutment-collo implantare con finitura ad area verticale.
La guarigione transmucosa dell’impianto permette di evitare un secondo intervento chirurgico di scopertura dell’impianto.
I tessuti mucosi perimplantari guariscono attorno alla superficie di titanio macchinata del collo implantare, questi non devono più essere sollecitati durante le varie fasi protesiche, permettendo di eliminare quella quota di modifica del margine osseo e dei tessuti mucosi dovuti ai continui passaggi di avvitamento e svitamento delle componenti protesiche.
Spostando inoltre il gap impianto abutment lontano dalla cresta ossea merginale si elimina il riassorbimento osseo perimplantare che sempre avviene nelle metodiche implantari dove questo gap è in corrispondenza del margine osseo.
La finitura ad area verticale del complesso abutment-collo implantare permette di utilizzare la morfologia di emergenza della corona protesica per guidare i tessuti molli e conformarli alla propria anatomia. Inoltre, l’effetto ferula che si riesce ad ottenere coinvolgento con la corona protesica non solo l’abutment ma anche il collo dell’impianto, ridurrebbe la possibilità di avere delle complicanze biomeccaniche come l’allentamento o la frattura della vite monconale.
Il risultato clinico è apparso positivo sia dal punto di vista funzionale che per quanto riguarda l’integrazione della corona protesica con i tessuti circostanti.

Gaceta Dental 249, 2013; 100-112

OVERDENTURE AD INSERIMENTO ORIZZONTALE

In questo articolo viene presentata la Horizontal Denture, un’interessante alternativa alle convenzionali tecniche di overdenture su impianti, in grado di combinare i vantaggi delle protesi rimovibili tradizionali con quelli delle protesi ibride.
Horizontal Denture è un’overdenture a inserzione orizzontale, nella quale la struttura secondaria (rappresentata dalla sovrastruttura protesica) si inserisce sulla struttura primaria (rappresentata dalla componente connessa agli impianti) in senso antero-posteriore. Proprio grazie al suo meccanismo “a slitta” questo tipo di protesi consente un notevole recupero di dimensione orizzontale nel caso di gravi discrepanze intermascellari.
Nell’articolo viene presentato il caso di una paziente totalmente edentula, che presenta una protesi rimovibile nell’arcata inferiore, e una grave atrofia nell’arcata mascellare.
Vengono inseriti 6 impianti in mascella (di cui 2 Premium Straight Ø 3.30 mm nelle posizioni anteriori), e dopo una tempo di guarigione di 9 mesi viene avviato il protocollo protesico per la realizzazione dell’Horizontal Denture.
Al follow-up di 1 anno la protesi è correttamente in funzione nella bocca della paziente senza aver riportato alcuna complicanza e con grande soddisfazione della paziente stessa.
Gli autori paragonano la tecnica Horizontal Denture con altre tecniche di overdenture tradizionali e concludono che essa risulta particolarmente utile laddove vi sia la necessità di compensare una discrepanza ossea negativa intermascellare, grazie al particolare disegno che consente il riposizionamento orizzontale della protesi. La tecnica apporta inoltre interessanti soluzioni alle complicanze cliniche e di laboratorio che possono presentare le protesi ibride, nascondendo l’emergenza delle viti di fissaggio e consentendo una più accurata igiene implantoprotesica.

Clinical Oral Implants Research 2015; 00:1–22

UN’ANALISI SISTEMATICA E UNA META-ANALISI DI PROTESI SUPPORTATE DA IMPIANTO FISSE E RIMOVIBILI A IN MANDIBOLE EDENTULE: PERDITA DI IMPIANTO SUCCESSIVA A CARICO

Questa revisione della letteratura si è posta l’obiettivo di valutare la perdita implantare dopo il carico di protesi totali in arcate edentule. Sono stati confrontati i risultati dell’uso di protesi fisse o rimovibili anche in funzione del loro attacco (protesi avvitata, attacchi sferici vs barre vs corone telescopiche). Fra i 4317 titoli totali, 56 sono stati inclusi nell’analisi quantitativa e 5 anche in quella qualitativa. I dati erano troppo frazionati per consentire valutazioni statistiche generalizzate, tuttavia si è dedotto:
un risultato leggermente migliore delle protesi fisse rispetto a quelle rimovibili in entrambe le arcate.
Gli impianti a superficie rugosa hanno dimostrato risultati favorevoli rispetto a impianti macchinati.
Non vi è stata differenza significativa fra carico immediato e convenzionale. SI noti che il carico immediato era stato generalmente eseguito in condizioni di torque ben definito.

International Journal of Oral & Maxillofacial Implants 2014;29:1406-1411

CARICO OCCLUSALE IMMEDIATO DI RIABILITAZIONI DELL’INTERA ARCATA: PROTESI AVVITATE RISPETTO A PROTESI CEMENTATE. UNA VALUTAZIONE CLINICA A 8 ANNI

Questo studio clinico ha valutato successo e sopravvivenza di 192 impianti Outlink2 posizionati in siti post-estrattivi vs guariti, e caricati immediatamente con protesi avvitate vs cementate. Il tasso cumulativo di sopravvivenza implantare a 8 anni è stato del 99.27%  e, mentre a 1 e 3 anni gli impianti riabilitati con protesi cementata mostravano un miglior mantenimento della cresta ossea, a 8 anni la differenza tra le due procedure protesiche non era statisticamente significativa.

Clinical Oral Implants Research 2014; 25(Suppl. 10)

IMPROVED CEMENTATION TECHNIQUE FOR IMPLANT RESTORATIONS TO AVOID PERI-IMPLANT CEMENT REMNANTS: CLINICAL AND MICROSCOPICAL EVALUATION WITH TWO DIFFERENT ABUTMENT DESIGN

L’autore si propone di comparare la presenza di cemento residuo nel solco perimplantare dopo la riabilitazione con 2 diverse tecniche di cementazione: intraorale standard (gruppo controllo) o extraorale (gruppo test), utilizzando sia abutment a finire che con spalla.
Nel gruppo test gli eccessi di cemento sono stati rimossi dall’interno delle strutture protesiche inserendovi repliche degli abutment.
Dai risultati è emerso che nel gruppo test sono state riscontrate quantità di cemento residuo significativamente inferiori rispetto al gruppo controllo. Non sono emerse differenze statisticamente significative tra le due tipologie di abutment utilizzati. La tecnica proposta si è quindi rivelata efficace nel limitare gli eccessi di cemento.

Journal of Craniofacial Surgery 2014;25:822-827

INFLUENZA DI DUE TECNICHE DI IMPRONTA SULLA PRECISIONE DIMENSIONALE DI MODELLI DI LAVORO DI PROTESI SU IMPIANTO: UNO STUDIO IN VITRO

E’ nota l’importanza della precisione della presa d’impronta per una corretta preparazione della protesi. Gli autori hanno effettuato dei test dimensionali comparativi fra 2 diverse tecniche di impronta:
impronta presa con l’utilizzo di transfer tradizionali
impronta presa direttamente sui pilastri collegati agli impianti nella loro posizione finale (tecnica intercettiva).
Dalla comparazione eseguita con scansioni tridimensionali emerge che l’impronta realizzata con la tecnica intercettiva risulta affidabile e precisa.

Clinical Oral Implant Research, 2012; 23 Suppl 6: 136-146

Gli studi inclusi nella revisione non sono sufficienti, secondo gli autori, a sostenere la necessità della presenza di mucosa cheratinizzata intorno agli impianti. L’indicazione clinica più frequente è comunque di adottare tecniche chirurgiche in grado di mantenere non solo il complesso osseo ma anche quello mucoso, al fine di preservare nel tempo la stabilità dei tessuti e una buona estetica.

Journal of Oral Implantology, Early View, First published online in 2012, November

IMPIANTI IMMEDIATI NEGLI ALVEOLI POSTESTRATTIVI. FATTORI CRITICI NELLA GUARIGIONE DEI TESSUTI DURI E MOLLI

Questo studio sottolinea l’importanza di mantenere quanto più possibile gengiva cheratinizzata intorno agli impianti, in quanto ciò può apportare grandi vantaggi nella fase di riabilitazione protesica, sia da un punto di vista clinico che da un punto di vista estetico: grazie alla stabilità del tessuto, l’area perimplantare
è protetta durante la fase di osteointegrazione, ed è possibile ristabilire un’estetica piacevole e naturale dei contorni protesici.
Al fine del mantenimento del tessuto cheratinizzato, un ruolo fondamentale è giocato dalla preparazione di lembi a spessore parziale. Per la realizzazione di questo studio sono stati coinvolti 85 pazienti, nei quali sono stati inseriti 131 impianti Sweden & Martina.
In tutti i casi, prima dell’inserimento delle fixture è stata eseguita una misurazione della mucosa cheratinizzata, e successivamente è stata eseguita un’incisione per ottenere un lembo a spessore parziale con il tessuto cheratinizzato disponibile.
Dopo l’inserimento degli impianti il lembo è stato riposizionato e suturato a punti lassi, così da ottenere una guarigione per seconda intenzione. La tecnica operatoria con lembo a spessore parziale si è dimostrata al follow-up dei 4 anni in grado di preservare il mantenimento dei tessuti molli cheratinizzati, poiché in tutti i casi si è assistito all’aumento del loro spessore e alla presenza di una buona estetica.

Clinical Oral Implant Research, Early View, First Published online on 2013, April 8th

PARTICELLE DI OSSO BOVINO DEPROTEINIZZATO E MINERALIZZATO ED OSTEOINTEGRAZIONE DI IMPIANTI SENZA CONTATTO PRIMARIO CON L'OSSO: STUDIO SPERIMENTALE SU CANI

Gli autori hanno verificato il comportamento dell’osso a 3 mesi intorno a impianti sperimentali inseriti in siti con un gap perimplantare di 1,2 mm, lasciato guarire senza biomateriali, solo con coagulo (controllo) e riempiti con DBBM (tesi). Hanno verificato che a 3 mesi il gap era largamente occupato da tessuto connettivale, il difetto residuo era significativamente inferiore nei siti con coagulo (0.48 mm) rispetto a quelli con DBBM (0.88 mm).